I pneumatici del futuro saranno tutti ricostruiti?

Emergenza ambiente, emergenza inquinamento, emergenza materie prime, viviamo un’epoca di stato d’allerta, dove l’imperativo ecologico è posto all’ordine del giorno di ogni agenda politica, inevitabile conseguenza dell’impatto ambientale del progresso tecnologico ed industriale. Le materie prime scarseggiano: aumenta la ricostruzione Negli ultimi due anni il prezzo della gomma è aumentato del 52% e continua ad aumentare. Questa situazione, determinata dalla crisi internazionale delle materie prime, ha fatto aumentare l’attenzione al recupero della gomma, in particolare nei pneumatici dove molto forte è l’incidenza del suo costo. In molti paesi sta infatti crescendo fortemente l’interesse per la loro ricostruzione, attività che consente un risparmio consistente di gomma e quindi di greggio, il cui prezzo è in fortissima tensione. Per costruire il pneumatico di una autovettura occorrono 7 chilogrammi di gomma, per la cui produzione sono necessari 27 litri di petrolio, mentre per un pneumatico industriale, che ne necessita di 60/70 chilogrammi, l’impiego di petrolio è di 100 litri. Questo patrimonio di materie prime, se il pneumatico non fosse ricostruito dopo il primo impiego, verrebbe disperso attraverso lo smaltimento. Con la ricostruzione invece viene in gran parte recuperato, aggiungendo soltanto una quantità limitata di materie prime per sostituire il battistrada usurato. Ma la ricostruzione offre vantaggi notevoli anche su altri fronti, oltre a quello economico. I problemi e le minacce derivanti dall’inquinamento della biosfera e il continuo e sconsiderato sfruttamento delle sue risorse non illimitate sono oggi purtroppo sempre più attuali ed evidenti. L’esigenza di sostituire i pneumatici dei veicoli circolanti comporta ogni anno la necessità di smaltire in Europa circa 180 milioni di gomme all’anno (30 milioni nella sola Italia) con il negativo impatto sull’ambiente che si può facilmente immaginare. Ricostruire un maggior numero di pneumatici utilizzando le strutture portanti che in seguito ad accurati controlli si rivelano ancora perfettamente integre dopo il primo impiego, permette di contribuire in misura considerevole a salvaguardare l’ambiente. La ricostruzione consente infatti di allungare il ciclo di vita del prodotto e quindi di rallentare la trasformazione del pneumatico in rifiuto. Tra l’altro, sul piano della sicurezza, il processo di ricostruzione è rigorosamente regolamentato con le norme ECE ONU 108 e 109. In pratica, il ricostruttore rimuove con macchinari specifici e tecniche consolidate il battistrada usurato e lo sostituisce con uno nuovo, conservando, se ancora efficiente, la carcassa originale. L’assoluta affidabilità di questo processo è testimoniata da controlli obbligatori molto accurati e dal fatto che i pneumatici ricostruiti sono molto diffusi proprio su mezzi di trasporto come aerei, autocarri e autobus dove le sollecitazioni meccaniche sono maggiori. Nel mondo è del 41,9% la quota dei pneumatici ricostruiti sui camion, mentre nel Nord America è del 56% e nel nostro Paese è invece solo del 34,7% La crisi delle materie prime potrebbe essere una buona occasione per rilanciare la ricostruzione anche in Italia a beneficio sia dell’economia che dell’ambiente.

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