Seat Alhambra 1.9 tdi: Test Drive

Seat Alhambra 1.9 tdi: Test Drive. “C’è nessuno?”… “C’è nessuuuunooo???”. A salire senza uno straccio di compagnia sulle grandi monovolume ci si sente davvero soli: voi alla guida, immersi in quasi cinque metri quadrati di abitacolo, e tutt’intorno un vuoto ovattato che viene voglia di riempire con amici, parenti e magari un bel cagnolone, che in queste auto fa sempre la sua scena.
Quindici cavalli in piu’, consumi minori La Seat Alhambra dell’ultimo test-drive non sarebbe sfuggita alla regola, se non fosse che questa – la millennove turbodiesel con cambio manuale a sei marce, tecnologia selettiva iniettore pompa – portava in dote quindici cavalli in più rispetto alla sorella di pari cilindrata: 130 invece di 115. Così, la voglia di sperimentare la MPV più peperina di quelle a gasolio griffate Seat, ha cancellato per un po’ il vago senso di abbandono provato una volta entrati nel grande abitacolo deserto e chiusa la porta.
Togliamoci subito dalla testa che quindici cavalli in più vi cambino la vita: l’Alhambra pesa oltre millesettecento chilogrammi e bisognerebbe spegnere il motore e salire con noncuranza sulla sorella a benzina da 2,8 litri (e 204 cavalli) per provare qualche dei brivido lungo la schiena. Certo è però che la maggior potenza di questo propulsore a gasolio rispetto all’altro si fa sentire, con una fluidità di marcia maggiore, una velocità superiore di circa 10 chilometri orari (188 invece di 177) e un’accelerazione più gratificante: 12,8 secondi da 0 a 100 orari invece di 15.
La maggior riserva di potenza, poi, si traduce in consumi, a parità di prestazioni, minori: 8,3 litri ogni 100 chilometri nel ciclo urbano, 5,5 in quello extraurbano e 6,5 in quello combinato, mediamente un litro di gasolio in meno ogni 100 chilometri rispetto al modello da 115 cavalli. In autostrada, sul filo dei fatidici 130 orari con contagiri fermo a 2.500, il computer di bordo segnalava 7,8 litri per 100 chilometri.
Qualita’ di vita a bordo Con il nome che porta (l’Alhambra è la spettacolare cittadella moresca costruita settecento anni fa sul colle di fronte a Granada) la monovolume di Seat non può che essere quello che è: grande, comoda e spaziosa. Nell’allestimento testato (Signo, a metà strada tra la basica Stella e la Sport) rivela pure una sua eleganza, con i sedili in pelle e l’effetto radica degli inserti lungo il cruscotto scuro.
L’illuminazione interna è rosso-Audi, la posizione di guida è elevata abbastanza da farci sentire padroni della situazione, e le regolazioni sono molteplici: abbassando il sedile e il volante (un po’ retro’, per non dire povero, se non si opta per quello multifunzione) si trova persino una sistemazione sportiveggiante, che naturalmente stona in una monovolume, ma si sa, le vie della soddisfazione dell’automobilista sono infinite. Più adeguata alla situazione e alla vettura la seduta da autista di pulmino, con volantone quasi orizzontale.
Vani e cassetti In attesa di incrociare amici o parenti da far salire a bordo (ragazzi, ci sono sette sedili, e quelli della terza fila non sono strapuntini ma poltrone in piena regola), ecco comparire vani e cassetti ovunque: premi sulla parete liscia del cruscotto, lato passeggero, e si apre il portaoggetti; nella parte alta, altra pressione e altra paratia che si solleva; al centro del cruscotto uno sportello quadrato può ospitare chiavi, telefonino e portafogli.
Ma la sagra degli scomparti nascosti non è finita: ecco nella parte bassa delle portiere altri due vani, che si aggiungono alle normali tasche portaoggetti laterali. Sembra una sfida e la accettiamo: troveremo o no qualcosa che non si apre all’interno dell’abitacolo? No, perché si apre tutto, dagli immancabili supporti (a scomparsa) per sostenere bicchieri e lattine, ai ripiani tipo tavolino integrati sui due schienali dei sedili anteriori.
Parola d’ordine: modularita’ Il gusto speciale che chi compra una monovolume cerca sempre e comunque, non viene tradito dall’Alhambra. Un concetto strano che accomuna una certa categoria di automobilisti e che si può riassumere con una specie di grande enunciazione: “sono pieno di sedili ma prima o poi voglio toglierli!”. Sì perché, se è vero che non si vede l’ora di ammirare le tre file di sedili ben ordinate (posti sette), è anche vero che si aspetta sempre l’occasione per togliere gli ultimi due, oppure lasciarli e sfilar via i tre centrali, oppure lasciare in garage solo quello centrale. Insomma, massima modularità, che scatena anche una sorta di frenesia, come quella di chi vuole continuamente cambiare la disposizione dei divani del soggiorno.
Il massimo è far ruotare i due sedili anteriori di 180 gradi, della serie: riunione d’affari su quattro ruote. Resta sempre il grande dubbio: andiamo in sette ma senza bagagli (con le tre file di sedili, lo spazio che rimane nel bagagliaio non è proporzionato al numero dei passeggeri), o ne lasciamo a casa due (di passeggeri, con relative poltroncine) e sfruttiamo il vano bagagli finalmente grande?
Silenzio, si viaggia Sia che si viaggi in autostrada o ci si sposti in città, l’Alhambra a gasolio da 130 cavalli si dimostra silenziosa, merito soprattutto della possibilità di guidare in sesta marcia anche a velocità ridotte, grazie alla coppia molto generosa (310 Newtonmetri) già disponibile a 1900 giri.
Le manovre sono agevolate dai sensori elettronici che, nei parcheggi, avvertono con tonalità diverse se stiamo per “toccare” davanti, dietro o lungo i lati. Un sistema, questo, vivamente consigliato su auto con ingombri importanti come la monovolume di Seat. Specchietti esterni regolabili e ripiegabili elettricamente, finestrini elettrici (tutti, compreso quello della terza fila, che si apre a compasso) e un bell’impianto stereo con altoparlanti sparsi ovunque, assicurano davvero un bell’andare.
Soli o in compagnia A questo punto si scopre che si sta bene anche da soli sulla grande monovolume Seat e, senza essere costretti a parlare con i passeggeri che non ci sono, si possono fare due conti: l’Alhambra a gasolio “muscolosa” costa trentamila euro, circa millecinquecento euro in meno della gemella (stessi ingombri esterni, stesso motore, stesse prestazioni) Sharan con marchio Volkswagen. Con quello che si risparmia si possono aggiungere il tetto apribile elettricamente, il volante multifunzione e i sensori di parcheggio.
Ma Volkswagen non teme che l’Alhambra “cannibalizzi” la sorella più sofisticata di nome Sharan? Al mercato la sentenza, e al guidatore della monovolume ispanico-tedesca l’onore e l’onere di smontare e rimontare i bei sedili: il gruppo di amici o parenti in vena di una gita in compagnia è sempre dietro l’angolo.

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