Volkswagen Golf 2.0 TDI 140 CV: Test Drive

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Volkswagen Golf 2.0 TDI 140 CV: Test Drive. C’è chi nasce con un destino segnato: sarai tu, per sempre, la pietra di paragone. E non significa nulla se, con il tempo, vieni circondato da avversari che mostrano linee sempre più ardite (e belle) e muscoli sempre più gonfiati. Tu, proprio tu, resterai per tutti il modello da eguagliare e, possibilmente, da superare.
Sul Piedistallo Succede anche tra le auto. Golf è l’esempio concreto di questo. Dal 1974 (ma all’epoca c’era solo lei) ad oggi, la berlina due volumi marchiata Volkswagen è lì, sul piedistallo: guardata, copiata, amata od odiata. Di certo, guidata da un popolo di “golfisti” che non la tradirà mai, cascasse il mondo o, più semplicemente, diventasse “un’altra”.
Prendete la Golf V. Raggiungetela al parcheggio arrivando da dietro. Cosa sono quei fanaloni rossi, rotondi e un po’ giapponesi? Bè, sono i fanali posteriori dell’ultima Golf. Un po’ troppo orientali per una tedesca, vero? Eppure il popolo dei “golfisti” non vacilla: signori, è una Golf. Così, digerite le luci posteriori, si gira intorno alla quinta edizione di sua Eccellenza la Golf e ci si gusta un profilo, questa volta sì, più simile alla “quarta”, sedere alto e muso basso, passaruota grandi, parabrezza inclinato il giusto. Con respiro di sollievo finale, davanti agli occhioni anteriori, alla mascherina e al marchio ben in evidenza: la “faccia” è quella giusta.
Piu’ Grande, piu’ potente Servirebbe un metro per accertarsene, ma che la nuova Golf sia cresciuta è percepibile anche a pelle: quasi sei centimetri in lunghezza, quasi due e mezzo in larghezza. La sensazione finale è una “macchinona”, considerato il segmento. E fa quasi tenerezza correre con il pensiero alle primissime Golf, al confronto esili esili: eppure all’epoca c’è chi girava col “Golf nero” con lo sguardo e l’orgoglio di un top gun appena salito sul proprio caccia…
E’ ora di entrare, l’ultima Golf di casa Volkswagen da scoprire nel test-drive è la 2 litri turbodiesel da 140 cavalli. Mica uno scherzo la potenza, così come la coppia: 320 newtonmetri che “torcono” già a 1750 giri, significa una formidabile capacità di ripresa con marce impensabilmente alte. Questa ne ha sei e in città si viaggia in souplesse con la quarta. Siccome siamo seduti su una Golf, viene subito voglia di guidarla. E all’inizio, non ci sfiora nemmeno l’idea di dare un’occhiata all’abitacolo: peccato, perché è fatto bene, ma ne parliamo un po’ più sotto.
Accensione, drizziamo le orecchie. Scendiamo: non ci sarà mica la marmitta bucata? Invece no, il motore è proprio così, roco: non il semplice (e noto) glan-glan del diesel freddo, ma un brontolio sordo, tipico di propulsori molto, molto più grossi.
Si vola in scioltezza Prima, si parte. Il volante è leggerissimo, lì davanti, tra le tante diavolerie elettroniche che imperversano su tutte le auto, anche un servosterzo elettromeccanico a risposta variabile: da fermi, nelle manovre in parcheggio, leggerissimo. La resistenza offerta aumenta (per fortuna) con la velocità. Ora è il propulsore che fa vedere di che pasta è fatto. Quattro cilindri sedici valvole, monoblocco in alluminio, radiatore per l’olio, turbocompressore dei gas di scarico a geometria variabile, intercooler e iniezione elettronica diretta con sistema di pompa iniettore, carburante “sparato” a 2.050 bar direttamente nella camera di scoppio, sei marce con cui giocarsi cambi infiniti tra i 1.500 e i 4.000 giri.
Risultato, si vola con la tipica scioltezza dei diesel di ultima generazione, in un arco di giri contenuto, senza l’urlo di un motore a benzina. Chi ama tutto questo non resterà deluso. Né in città, con un “tiro” ai bassi possente e sempre disponibile, né sul misto, dove l’assetto, le sospensioni (ruote indipendenti con classicissimo sistema Mc Pherson davanti, e multilink con bracci in lega leggera dietro) e il generoso gommaggio (205/55) non tradiscono. Né in autostrada, dove si viaggia ai canonici 130 orari con la lancetta che sfiora i 2.800 giri consumando 9 litri per 100 chilometri. Facile, per un’auto accreditata di una velocità massima di 203 chilometri all’ora e di uno scatto da 0 a 100 di 9,3 secondi.
Luce blu L’ultima Golf è molto Golf dentro. L’abitacolo (versione provata la Sportline) è scuro da buona tedesca, la strumentazione è semplice ma efficace e funzionale, l’illuminazione fa il suo bell’effetto, con quella colorazione blu che all’inizio faceva tanto “solarium” ma che ora sembra piacere a tutti.
I “golfisti” già lo sanno così lo ricordiamo a tutti gli altri: quest’icona su ruote si fa pagare. La Sportline (sei marce, 5 porte) costa 24.739 euro, ma il prezzo è destinato a lievitare se si vuole quel qualcosa in più non compreso nella dotazione (comunque ricca) di serie. Come ad esempio il bracciolo anteriore con scomparto portaoggetti, il colore metallizzato e perla, o i classici nero o rosso, o magari l’indicatore della pressione dei pneumatici (su un’auto sportiveggiante più d’uno lo vorrà), per non parlare della pelle per i sedili sportivi anteriori, il regolatore di velocità, la ruota di scorta di dimensioni standard o il volante multifunzione.
E’ costosa? E’ troppo cambiata? Ditelo al popolo dei “golfisti”. Anche trent’anni dopo, anche con quel posteriore orientale, anche se ormai è letteralmente circondata da concorrenti che le fanno il verso, per loro (e sono tantissimi) una Golf è sempre una Golf.

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