Buell XB12X Ulysses. L’estate inesorabilmente si avvicina e come i fiori richiamano le api con i loro odori, così il rombo di propulsori a 2, 3 o 4 cilindri stuzzica le voglie di migliaia di persone che sognano avventure estive più o meno domestiche in sella ad una moto che sia comoda da una parte, per poter ospitare l’eventuale donzella e le centinaia di inutili oggetti che le varie famiglie Brambilla italiane solitamente si portano dietro; d’altro canto non si può dimenticare la voglia di emozioni e scariche di adrenalina che facciano sentire vivi come solo una moto può fare. Ormai sono molte le case motociclistiche che cercano la ricetta giusta tra potenza e comodità, talvolta sbilanciando i propri prodotti con un esubero di cavalli, altre con una comodità degna di un camper, ma con un’andatura un po’ troppo “ferma”. L’Harley Davidson è da sempre un simbolo del viaggio e dell’avventura, con il sacco a pelo legato sul parafango anteriore e la chitarra in spalla, ma anche la consorella Buell ha messo appunto la sua ricetta per il viaggio e l’avventura. XB12X Ulysses è il nome di questa ricetta e si propone come la moto adatta tanto per lo svago estivo e i lunghi viaggi, quanto per il routinario tragitto da casa all’ufficio; ma come si comporta in strada e fuori strada? Ovviamente questa è solo una scusa per provare un’altra moto e strapazzarla per vedere se possa andar bene per lo scopo per il quale è stata progettata, la dedizione che ci contraddistingue verso le moto, infatti, ci impedisce di farci sfuggire l’occasione di fare una sgambata, addirittura in Andalusia, per vedere come sia questa turistica made in U.S.A. Un bicilindrico da 1200 cc, 82 cv e 177 chili sono le misure di questa miss d’oltreoceano, disco flottante da 375 mm e pinza da sei pistoncini, trasmissione a cinghia in perfetto stile Buell, ammortizzatore regolabile e forcelle, anch’esse regolabili, della Showa la dote che porta con sé, ma in definitiva come si comporta affrontando curve, statali e sterrati anche se carichi di borse bauli e zaini?
Abbiamo un Virgilio d’eccezione, per rimanere in metafora “Ulissesca”, che risponde al nome di Craig Jones, uno dei più famosi e spericolati stunt del mondo, che ci condurrà, o meglio dietro cui staremo a fatica dietro, per le strade più belle e suggestive che la regione spagnola possa offrire. Il motore ha l’inconfondibile suono Buell e il bicilindrico sembra scalpitare nonostante il peso con cui abbiamo caricato le valige e il bauletto di cui è dotata: si innesta la prima e si va. Da subito risponde bene e quando si trova di fronte una curva lunga e veloce, la moto sembra chiedere di essere liberata e lanciata a velocità per affrontarla senza timore di non farcela. Fa freddo e un vento teso ci blocca le mani, nonostante ci sia il riparo dei paramani, ma un veicolo da viaggio avventuroso fatto in America non lo si coglie certo impreparato con qualche grado in meno, quindi basta azionare il comando sul manubrio per attivare le manopole riscaldate e subito sembra di stringere dei tizzoni ardenti invece che delle manopole, tanto che il comando va usato solo nella posizione uno, mentre la due sembra essere destinata a freddi polari. Ai bassi regimi subito ruggisce e l’ago del contagiri comincia a salire gradualmente, ma arrivati a 5000 giri sembra ringalluzzirsi e comincia a dare il meglio di sé correndo letteralmente fino al fuori giri, pur non dando segni di instabilità o precarietà. Il cambio invece risulta un po’ duro: bisogna inserire le marce con una certa decisione e spesso il folle si nasconde e si fa fatica a trovarlo, ma nonostante questo riusciamo, più o meno, a stare dietro al grande stunt (che a dire la verità crediamo si sia contenuto per non seminarci tra le strade iberiche); ci inseriamo facilmente in curva e i cambi di direzione sono abbastanza veloci.
Continuiamo per strade e statali senza accusare fatica grazie alla comoda seduta e alla sella regolabile che va incontro ai guidatori di ogni stazza e altezza, mentre la frenata è modulabile, regolare e decisa. Riusciamo a fatica a convincere Craig a fare una pausa per farci rifiatare, o meglio a farmi rifiatare, perché solo io sembro accusare il passo “da gara”, mentre la moto non sembra risentire di alcun disagio: certo le vibrazioni ci sono e forse su lunghi tragitti potrebbero dar vita ad affaticamenti e stanchezza, ma per il momento risultano nella norma per un bicilindrico a V 45°. Mentre rifiatiamo e osserviamo questa nuda bellezza (che è solo la moto, se maliziosamente aveste insinuato altro) notiamo un particolare nello schienalino che ci intriga: è infatti regolabile in tre posizioni in modo che possa essere usato per sostenere la schiena della “povera” ragazza che ci portiamo al seguito e che sottoponiamo a chilometri ininterrotti di curve o può essere usato come spondina su cui fissare dei bagagli o per coprire la porzione di sella del passeggero, qualora diventassimo single durante le vacanze, magari a causa delle troppe curve affrontate in velocità. È tempo di ripartire, Mr. Jones scalpita e facendo un paio di cerchi alla Giotto in burn out e un’impennata ci ricorda che siamo qui non per le tapas, ma per le curve e l’asfalto.
Già, l’asfalto… sarebbe bello averlo sempre sotto le ruote, ma seguendo un “pazzo” (in senso buono) come la nostra guida, non si può chiedere tanto; infatti eccolo che si butta su una strada da subito segnalata come in fase di costruzione e alzando un polverone degno di un elicottero in atterraggio sparisce davanti a noi. Anche sullo sterrato la XB12X si comporta egregiamente e che ci sia sabbia, terra, brecciolino o buche, non si ferma e se ci si mette in piedi sulle pedane si aumenta la già buona stabilità. Il paesaggio è mozzafiato, come la versatilità di questo mezzo che sembra poter sfidare avversari ben più ardui di una strada sterrata nella “civilizzata” Europa. Effettivamente non sarà la moto più veloce del mondo (anche se i duecento chilometri orari li supera), né la più avventurosa, ma per l’appunto dicevano i latini che in medio virus stat e questa sembra infatti una giusta via di mezzo tra velocità e comodità in viaggio, magari bisognerebbe testarla in un lungo viaggio accidentato in giro per il mondo come alcune star hollywoodiane amano fare, ma a occhio e croce ci sembra di poter affermare che se l’Ulisse che ispira il nome di questa moto avesse avuto un simile mezzo, ci avrebbe messo molto meno di undici anni per tornare dalla sua donna e forse avrebbe avuto abbastanza capacità di carico per non tornare a mani vuote.