Honda CB 1000 R – progetto

“Volevamo un mille non estremamente potente e godibile, una moto con cui dar del filo da torcere sul misto stretto alle supersportive e con cui fare un po’ i cretini, ma che facesse anche girare la testa a chi la vede passare e che non risultasse troppo “impiccata” in condizioni di guida quotidiana, così siamo partiti dalla curva di potenza, Kudo ha studiato la curva ideale, ha stabilito, partendo dal motore della Fireblade, un massimo di 128 cv e su questa curva è poi nata la moto.” Deve quindi molto al CBR1000? “Il motore è quello della Fireblade dell’anno scorso, la forcella e i freni invece derivano dal CBR 1000RR ‘08, ma tutto il resto è nuovo: lo scarico è stato studiato apposta, la strumentazione è stata un vero parto, ma la strumentazione è un gioiello tecnologico e costa uno sproposito, anche se non posso dirti quanto: abbiamo sudato 4 camicie per farla accettare, ma alla fine si sono persuasi del fatto che non poteva che essere così compatto e così costoso.” Paolo: “Abbiamo cercato di creare una moto emozionale ed estremamente compatta, dove tutto è incastrato al millimetro”. Per la gioia dei mecanici che impazziranno a metterci le mani… “Invece no! Abbiamo pensato pure a quello. Calcola che in Honda quando studiamo una moto teniamo anche presente questo aspetto e facciamo in modo che i pezzi siano sempre facilmente accessibili senza dover smontare mezza moto per tirare fuori la batteria, ad esempio, e soprattutto stiamo attenti a mettere le cose in modo che non ci si possa tagliare o ferire mettendo le mani in spazi angusti… perfino le vernici sono a base d’acqua perché non siano tossiche per chi ci lavora.”

C’è una moto che in questi ultimi tempi è sulla bocca di tutti e ruba copertine sulle riviste, è muscolosa, innovativa, altamente rifinita e promette divertimento alla guida e si chiama Honda CB1000R. In molti hanno osannato la Honda per aver prodotto questa moto così estrema, ma allo stesso tempo alla portata di molti, si è detto che finalmente la casa giapponese ha rispolverato il cuore per creare questa moto, quello che forse non molto si è detto è che questa moto è nata da noi, in Italia, grazie alla dedizione di due ingegneri che, per realizzare il loro progetto, hanno smosso un po’ tutti nella “casa dell’ala” e grazie ad un encomiabile lavoro di squadra a livello internazionale, sono riusciti a dar vita a questo nuovo prodotto. Li siamo andati ad incontrare a Roma, alla sede centrale della Honda Italia e sede del reparto Ricerca e Sviluppo Honda Europa per farci raccontare perché e come sia nata la CB1000R. Di mamme ce n’è una sola, di padri possono essercene anche molti, in questo caso la mamma è la Honda e i padri sono Daniele Lucchesi (Product Planning Section Manager Honda R&D Europe) e Paolo Cuccagna (Vice Direttore Centro Stile Honda R&D Europe), due “ragazzi” che mi si presentano in un caldissimo pomeriggio romano in tenuta informale e con un gran sorriso. Avendo sentito che questa moto è, in effetti, frutto di menti italiane, chiedo subito se la si possa definire un frutto del made in Italy. “Dal punto di vista dell’ideazione e della passione è sicuramente al 100% italiana” risponde Paolo, “ma senza una forte intesa e collaborazione con la casa madre in Giappone, non l’avremmo potuta sviluppare e realizzare”.

Ma cerchiamo di andare con ordine e vediamo com’è nata. Innanzitutto, siete stati voi due a proporre una nuova moto alla Honda o è la casa madre che ne ha chiesto lo sviluppo? “La casa madre ci aveva chiesto una moto che fosse abbordabile per tutti, noi abbiamo stravolto la richiesta e abbiamo deciso di realizzare il concept di una moto dalla grande personalità e che piacesse sia per l’estetica che per le caratteristiche”. Continua Daniele “abbiamo studiato questa moto coinvolgendo Vito Cicchetti (Direttore Generale della Honda Italia) oltre che mettendo in piedi un campione di persone appassionate di moto che ci indicassero cosa la gente volesse vedere in strada e una volta realizzato il concept l’abbiamo spedito in Giappone e abbiamo finalmente ricevuto carta bianca per metterci all’opera”. Quindi è una moto italiana, seppur realizzata per una casa giapponese. “Non del tutto” prosegue Paolo “una volta deciso cosa avremmo fatto su carta sono andato in Giappone e lì abbiamo effettivamente cominciato a svilupparla. Senza l’aiuto di Tetsuya Kudo (Capo Tester) e di Koki Kobayashi (Capo Progetto Tecnico) non avremmo potuto realizzarla. Sono stati fantastici, si sono lasciati coinvolgere emotivamente dalla nostra impresa e sono riusciti a fare cose incredibili per pura passione, la coda ad esempio, grazie a Luca Caruso siamo riusciti a farci stare tutto dentro seppure sia ridotta all’osso, siamo riusciti a ridurre spazi e centralizzare masse in un modo che non eravamo sicuri fosse possibile”. Insomma una volta fatto il disegno si è passati alle scelte tecniche, come avete deciso la potenza, i cavalli, la ciclistica e tutto ciò che caratterizza la moto in quanto a prestazioni?

La moto cercheremo di provarla al più presto per vedere come si comporti effettivamente in strada e se la ricerca fatta da questi due simpatici e anomali ingegneri sia stata azzeccata, nel frattempo abbiamo capito che lo stereotipo del progettista di moto giapponese freddo e calcolatore, sensibile solo al mercato e con poca fantasia sia per l’appunto solo una costruzione mentale, mentre nella realtà i bei progetti nascono dalla passione di persone che credono nella qualità di ciò che vanno realizzando. Paolo infatti ci dice: “sai, ero stufo di sentir dire che in Honda non si fanno le cose col cuore, che siamo una grande azienda che però non ci mette l’anima, perché non è vero, quindi volevo fare una moto che smentisse chi dice queste cose, che dimostrasse la passione che ci mettiamo nel nostro lavoro e nel farlo abbiamo anche creato una fantastica squadra, con membri italiani e giapponesi, che ci hanno lavorato perché ci credevano… sia noi che i ragazzi giapponesi abbiamo fatto salti mortali per risolvere i mille problemi che ci siamo trovati ad affrontare.” Sarete soddisfatti di questo risultato, del fatto che questa moto abbia già venduto quasi 800 unità e che sia prenotatissima. Daniele: “Sono dodici anni che siamo in Honda, abbiamo lavorato sodo, ma oggi si fidano del nostro lavoro e ci lasciano liberi di dar vita ai nostri progetti, portare alla luce qualcosa che hai nel cuore è un’esperienza di vita che dà grande soddisfazione, vedere che la moto piace e che è piaciuta da subito ci ha gratificato e questo succede quando si lavora con passione e collaborando tutti insieme, facendo squadra, altra cosa che ci rende orgogliosi della CB1000R”. I due atipici ingegneri devono tornare al lavoro, ai loro mille impegni, ma sicuramente sono riusciti in questo poco tempo a far capire che nel mondo delle moto, anche se si è una grande zaibatsu non si realizzano prodotti così efficaci se non ci si mette quel cuore e quella passione che chi la guiderà vuole riscontrare in ogni piccolo particolare. Alla fine ci sentiamo di considerarla un gioiello italiano, anche per campanilismo, per quanto abbiamo recepito la lezione sul lavoro di squadra impartita dagli “apolidi” Paolo e Daniele.

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