Diesel Euro 5 al capolinea: cosa succederà dal 1° ottobre 2025 nel Nord Italia

A Milano stop a Diesel Euro 3 da autunno

Il calendario segna una data che molti automobilisti del Nord Italia hanno cerchiato in rosso: 1° ottobre 2025. Non si tratta di un evento festivo, ma dell’entrata in vigore di una normativa che cambierà le abitudini di centinaia di migliaia di persone.

Da quel giorno, infatti, in diverse regioni del Bacino Padano scatterà il divieto di circolazione per le auto diesel Euro 5, quelle prodotte indicativamente tra il 2011 e il 2015.

Mentre i possessori di questi veicoli cercano di capire come adattarsi alla nuova realtà, è utile fare chiarezza su cosa comporterà esattamente questa misura: quali regioni sono coinvolte, quali sono gli orari e i giorni interessati e soprattutto quali alternative hanno i proprietari di queste vetture.

Le nuove limitazioni per i diesel Euro 5

Non tutte le regioni applicheranno le stesse restrizioni, ma l’obiettivo comune è chiaro: migliorare la qualità dell’aria nel Bacino Padano, un’area particolarmente vulnerabile all’inquinamento atmosferico per le sue caratteristiche geografiche e meteorologiche.

In Lombardia, la misura avrà carattere permanente. I diesel Euro 5 non potranno circolare nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì, dalle 07:30 alle 19:30. Le limitazioni riguarderanno non solo i capoluoghi di provincia, ma anche tutti i comuni limitrofi (definiti come “Comuni di Fascia 1“) e i Comuni di Fascia 2 con popolazione superiore a 30.000 abitanti, tra cui Varese, Lecco, Vigevano, Abbiategrasso e San Giuliano Milanese.

Per quanto riguarda il Piemonte, la situazione è diversa. Le restrizioni avranno carattere temporaneo e saranno attive solo nel periodo più critico per la qualità dell’aria: dal 1° ottobre 2025 al 15 aprile 2026 e successivamente dal 15 settembre al 15 aprile di ogni anno.

Durante questi periodi, i diesel Euro 5 non potranno circolare nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì, dalle 08:30 alle 18:30, nei comuni con più di 30.000 abitanti.

Tra questi figurano Torino, Novara, Alessandria, Asti, Cuneo, Moncalieri, Collegno, Rivoli, Nichelino, Settimo Torinese, Vercelli, Biella, Grugliasco, Chieri, Pinerolo, Casale Monferrato, Venaria Reale, Alba e Verbania.

Anche l’Emilia-Romagna si unisce a questa iniziativa con limitazioni permanenti a partire dal 1° ottobre 2025. I divieti riguarderanno i comuni di pianura con oltre 30.000 abitanti e l’agglomerato di Bologna, con la possibilità di adesione volontaria per altri comuni. Le restrizioni saranno attive nei giorni feriali, dalle 08:30 alle 18:30.

È importante notare che queste misure si inseriscono in un contesto più ampio di lotta all’inquinamento nel Bacino Padano. Le regioni coinvolte hanno infatti sottoscritto con il governo un protocollo sulle misure permanenti per migliorare la qualità dell’aria.

Il blocco dei diesel Euro 5 rappresenta solo l’ultimo passo di un percorso iniziato anni fa con limitazioni analoghe per i veicoli più inquinanti.

E mentre molti automobilisti si chiedono se queste restrizioni saranno posticipate come già accaduto in passato, le autorità sembrano decise ad andare avanti con il piano stabilito, avvertendo che questa volta potrebbe non esserci alcuna proroga.

L’impatto sui proprietari: 250.000 auto ferme solo in Piemonte

I numeri parlano chiaro e sono tutt’altro che rassicuranti. In Piemonte, secondo le stime della Regione stessa, le auto coinvolte nello stop saranno circa 250.000. Un piccolo esercito di veicoli che, dall’oggi al domani, vedrà drasticamente limitata la propria libertà di movimento nelle principali città della regione.

Ma cosa significa questo in termini pratici per i proprietari? Le implicazioni sono molteplici e vanno ben oltre il semplice disagio logistico. Il blocco dei diesel Euro 5 solleva infatti questioni di natura economica e sociale che non possono essere ignorate.

Innanzitutto, c’è l’aspetto finanziario. Molti dei possessori di questi veicoli li hanno acquistati pochi anni fa, magari approfittando di incentivi statali per la rottamazione di auto più inquinanti. In buona fede, hanno investito in quello che all’epoca veniva presentato come un veicolo ecologico, convinti di poterlo utilizzare almeno fino alla fine della sua vita utile.

Ora, invece, si trovano di fronte a una scelta difficile: sostituire l’auto con un modello più recente, con un impatto economico non indifferente, oppure accettare le limitazioni imposte.

C’è poi l’aspetto pratico della mobilità quotidiana. Per chi vive o lavora nelle aree interessate dalle restrizioni, gli orari dei divieti (generalmente dalle 08:30 alle 18:30 nei giorni feriali) coincidono proprio con i momenti della giornata in cui ci si sposta per andare al lavoro, accompagnare i figli a scuola, fare la spesa o sbrigare commissioni. Molte famiglie potrebbero trovarsi improvvisamente senza un mezzo di trasporto adeguato per le loro esigenze quotidiane.

La situazione rischia di colpire in modo particolarmente duro le fasce economicamente più deboli della popolazione. Chi possiede un diesel Euro 5 potrebbe non avere le risorse necessarie per acquistare un’auto nuova e si troverebbe così ulteriormente penalizzato. In un periodo già caratterizzato da difficoltà economiche per molte famiglie, tale misura potrebbe acuire le disuguaglianze sociali.

Le critiche alla Regione Piemonte non mancano, soprattutto per quanto riguarda la comunicazione. Secondo alcuni, non sarebbe stata avviata un’adeguata campagna informativa per preparare i cittadini a questa svolta. Ci sarebbe stata solamente la promessa di “sensibilizzare” i piemontesi coinvolti, una misura considerata insufficiente vista l’entità del cambiamento in arrivo.

Move-In e deroghe: soluzioni alternative per circolare

Non tutto è perduto per i proprietari di diesel Euro 5. Le regioni coinvolte dai divieti hanno previsto alcune soluzioni alternative per mitigare l’impatto delle restrizioni. La più importante è certamente il sistema Move-In (Monitoraggio dei Veicoli Inquinanti), una sorta di via di mezzo tra il rispetto dell’ambiente e le esigenze di mobilità dei cittadini.

Ma di cosa si tratta esattamente? Move-In è un dispositivo elettronico, una piccola scatola nera che si installa a bordo del veicolo e che permette il tracciamento degli spostamenti. L’idea di base è semplice: consentire alle auto soggette a limitazioni di circolare comunque, ma entro un tetto massimo di chilometri all’anno, calcolato in base all’impatto ambientale del veicolo.

In pratica, chi aderisce a Move-In può percorrere un numero prestabilito di chilometri in deroga ai divieti vigenti nella propria regione. Una volta esaurito il proprio “tesoretto” chilometrico, tuttavia, il veicolo torna a essere soggetto alle normali limitazioni. È un compromesso che cerca di bilanciare le esigenze di mobilità individuale con l’obiettivo collettivo di ridurre l’inquinamento.

Il sistema non è una novità assoluta: la Lombardia lo ha già sperimentato con successo per altre categorie di veicoli soggetti a limitazioni. Ora, con l’estensione dei divieti ai diesel Euro 5, anche Piemonte ed Emilia-Romagna si stanno preparando ad adottarlo.

Ma come funziona concretamente? Per aderire al servizio è necessario registrarsi su una piattaforma dedicata, pagare un canone (che varia a seconda della regione, ma generalmente si aggira intorno ai 30 euro per il primo anno e 20 euro per gli anni successivi) e installare il dispositivo sul proprio veicolo. Una volta attivato, il sistema conteggia i chilometri percorsi all’interno delle aree soggette a restrizioni e nei periodi in cui sono in vigore i divieti.

Il numero di chilometri concessi varia in base alla categoria del veicolo: per i diesel Euro 5, dovrebbe aggirarsi intorno ai 8000-9000 km all’anno, con variazioni possibili da regione a regione. È una quota che, per molti automobilisti che utilizzano l’auto principalmente in città, potrebbe essere più che sufficiente per coprire le esigenze di spostamento quotidiano.

Oltre a Move-In, le normative regionali prevedono alcune deroghe specifiche ai divieti. Sono generalmente esentati i veicoli utilizzati da persone con disabilità, quelli adibiti al trasporto di soggetti che devono sottoporsi a terapie salvavita, i mezzi delle forze dell’ordine e i veicoli utilizzati per servizi essenziali.

Per i pendolari che non possono fare a meno dell’auto per raggiungere il luogo di lavoro, alcune regioni stanno valutando forme di deroga specifiche o l’estensione del numero di chilometri concessi con Move-In. Sono inoltre allo studio incentivi per la sostituzione dei veicoli più inquinanti o per l’utilizzo di mezzi di trasporto alternativi.

È consigliabile, per chi possiede un diesel Euro 5 e risiede o si sposta frequentemente nelle aree interessate dai divieti, informarsi direttamente presso gli uffici regionali o consultare i siti ufficiali delle rispettive regioni.

Le norme potrebbero subire variazioni o aggiornamenti nelle prossime settimane e solo attraverso i canali ufficiali è possibile ottenere informazioni precise e aggiornate sulle deroghe disponibili e sulle modalità di adesione al sistema Move-In.

Il contesto europeo: le Zone a Basse Emissioni

Il fenomeno delle limitazioni alla circolazione dei veicoli più inquinanti non è certo un’esclusiva italiana. Al contrario, si inserisce in un movimento europeo più ampio e articolato, quello delle Zone a Basse Emissioni (Low Emission ZonesLEZ), aree urbane in cui l’accesso è limitato o vietato ai veicoli più inquinanti.

Queste zone, nate per migliorare la qualità dell’aria nelle città e ridurre l’impatto ambientale del traffico urbano, stanno proliferando in tutta Europa, con approcci e regole che variano da paese a paese, ma con un obiettivo comune: promuovere una mobilità più sostenibile e ridurre l’inquinamento atmosferico.

In Spagna, ad esempio, dal gennaio 2023 oltre 149 città, tra cui Madrid e Barcellona, hanno istituito LEZ, applicando restrizioni sia ai veicoli diesel che a quelli a benzina più datati. Il modello spagnolo è particolarmente interessante per la sua estensione capillare sul territorio nazionale e per l’approccio sistematico alla riduzione delle emissioni.

La Francia, e in particolare Parigi, ha adottato un approccio graduale ma determinato. La capitale francese ha introdotto una ZFE (Zone à Faibles Émissions) che, dal 2024, prevede lo stop alla circolazione dei veicoli diesel classificati Crit’Air 3, corrispondenti grosso modo agli Euro 4 e 5. Entro il 2030, Parigi ambisce a vietare completamente i veicoli diesel, indipendentemente dalla loro classificazione.

La Gran Bretagna non è da meno. Londra ha introdotto la ULEZ (Ultra Low Emission Zone), un’area a bassissime emissioni che è stata progressivamente ampliata fino a coprire gran parte della metropoli. I veicoli diesel che non soddisfano lo standard Euro 6 sono soggetti a una tassa giornaliera di 12,50 sterline per circolare all’interno della zona. L’impatto è stato significativo: secondo uno studio, la ULEZ ha contribuito a ridurre le concentrazioni di biossido di azoto del 44% nel centro di Londra.

Anche Bruxelles ha adottato misure rigorose, con una LEZ che dal 2025 vieterà l’accesso ai diesel Euro 5, in linea con quanto sta per accadere in Italia. Altri paesi, come Germania, Olanda e Danimarca, hanno introdotto o stanno considerando misure simili.

Ma qual è il bilancio di queste politiche? I dati sembrano confermare la loro efficacia. Le LEZ hanno contribuito a migliorare sensibilmente la qualità dell’aria nelle città europee, con riduzioni importanti di inquinanti nocivi come il biossido di azoto (NO₂) e il particolato fine (PM₂.₅).

Uno studio dell’ICCT (International Council on Clean Transportation) ha evidenziato come il passaggio dai diesel Euro 5 ai più recenti Euro 6 comporti una riduzione del 55% nelle emissioni di particolato.

Questi benefici ambientali si traducono in vantaggi tangibili per la salute pubblica. L’inquinamento atmosferico è infatti legato a numerose patologie respiratorie e cardiovascolari e la riduzione delle concentrazioni di inquinanti può portare a una diminuzione dei casi di malattia e dei decessi prematuri.

Naturalmente, come in Italia, anche nel resto d’Europa queste politiche non sono prive di controversie. Le critiche riguardano soprattutto l’impatto economico sui proprietari dei veicoli banditi, in particolare sulle fasce meno abbienti della popolazione, e la percezione di una transizione troppo rapida verso nuovi standard di mobilità.

La sfida per i politici che decidono è trovare un equilibrio tra urgenza ambientale e sostenibilità sociale, tra il necessario cambiamento e il rispetto delle esigenze individuali. In quest’ottica, soluzioni come il Move-In italiano o le varie forme di incentivi per la sostituzione dei veicoli inquinanti adottate in altri paesi europei, sono tentativi di mediazione tra questi obiettivi apparentemente contrastanti.

Guardando al futuro, la tendenza sembra chiara: le restrizioni alla circolazione dei veicoli più inquinanti sono destinate ad aumentare e intensificarsi. L’Unione Europea ha già fissato l’obiettivo di vietare la vendita di nuove auto a benzina e diesel dal 2035 e molte città stanno progettando Zero Emission Areas, zone in cui potranno circolare solo veicoli a zero emissioni.

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