La moto, si sa, è un sogno che spesso viene coltivato per anni, prima che possa trovare realizzazione: in tanti hanno dovuto aspettare per potersi finalmente sedere dietro ad un manubrio e provare in prima persona le emozioni dell’andare sulle due ruote. Indipendentemente dal fatto che si abbiano 16 anni o 60, appena in sella ci si rende conto che la questione è ben più complessa di “la prima in basso, le altre tutte in su”.
Il tema “sicurezza”, improvvisamente, assume un’altra valenza nella mente di chi ha da poco approcciato la guida di una moto.
Certo, con la pratica, col tempo, s’impara tutto anche da soli, ma sempre più persone ritengono, secondo noi a ragione, che, se si possa abbreviare il processo di apprendimento e risparmiarsi qualche visita dal meccanico, oltre che al pronto soccorso, forse vale la pena di fare un corso specifico. Scegliamo di andare a vedere uno dei corsi meglio strutturati e più seguiti, che si avvale anche della collaborazione della Bosch, ossia il DRE – Ducati Riding Experience.
Il corso si divide in sei livelli: corso base, intermedio, pista 1 e 2, master di pilotaggio e Troy Bayliss Academy. Tralasciamo tutti i livelli inerenti la guida sportiva in pista, seppure l’idea di correre al Mugello con una Panigale sia allettantissima, figuriamoci con Sua Maestà Troy, e vediamo i primi due step, corso base ed intermedio, quelli inerenti la guida sicura.
Durante la presentazione del corso, tenuta da Dario Marchetti, responsabile istruttori oltre che ottimo pilota storicamente in Ducati, con cui ha disputato gare in praticamente tutte le categorie, l’attenzione non può che andare sull’altissima caratura del corpo insegnante che annovera, oltre ovviamente a Troy Bayliss, anche Marco Lucchinelli, Paolo Casoli, Manuel Poggiali, Andrew Pitt ed Alessandro Polita.
Tutti questi grandi nomi sono per chi prende parte ai corsi in pista, ma non meno esperti sono tutti gli altri istruttori che, seppur non vantando titoli mondiali, sono comunque esperti piloti con alle spalle gare, campionati e migliaia di ore di esperienza.
Appena ci si abitua al bagliore che emana il gruppo degli insegnanti, si nota un’altra cosa, forse meno legata alla sportività in moto, ma non meno interessante: l’alta presenza di donne in tuta di pelle. Alcune che evidentemente hanno seguito o spronato il marito/fidanzato che tengono per mano, altre a piccoli gruppi, qualcuna da sola, ma tutte sono sedute, attentissime e concentratissime, tra i banchi della sala stampa, emanando un’evidente trepidazione.
Veniamo quindi ripartiti nei gruppi d’appartenenza e vediamo che le ragazze sono presenti in quasi tutti i vari livelli; raggiunta la saletta del proprio corso, ha inizio un briefing specifico sulle questioni che verranno affrontate e prende vita una lezione di teoria di guida, informale e scherzosa, ma anche accurata ed esaustiva.
Il corso base prevede che chi vi partecipi sia un neofita, magari anche una persona che non è mai salita su una moto in vita sua e quindi si affronteranno i fondamentali della guida: posizione in sella, partenza, frenata e curva, il tutto su un Ducati Monster 796.
Il corso intermedio, quello che ci interessa maggiormente, invece, è rivolto a chi già guida una moto, ma vuole imparare a controllarla nelle situazioni d’emergenza oltre che a migliorare il proprio stile di guida. In questo corso si usano Monster 1100 Evo, Multistrada 1200 ed Hypermotard, mentre gli esercizi che si andranno a svolgere sul piazzale del Mugello, saranno: frenata, frenata con ostacolo, tornante, doppia curva, curva in sequenza, curva a raggio costante, curva a raggio variabile. Inoltre, grazie alla partnership con BOSCH, si svolgeranno esercizi relativi al corretto utilizzo dell’ABS e, a fine corso, ben due turni in pista per mettere in pratica quanto acquisito. Il livello intermedio è omogeneamente ripartito tra uomini e donne, chi motociclista da qualche anno, chi da un mese appena, ma tutti con la stessa motivazione a scoprire i segreti del controllo del mezzo. Innanzitutto si viene ripartiti in sottogruppi da cinque o sei partecipanti ognuno, per garantire una maggiore attenzione alle singole esigenze degli allievi e vengono quindi assegnate le moto.
Svolgendo i primi esercizi, un semplice percorso delineato da due file di coni, si cominciano a vedere le differenze tra gli allievi: chi infatti guida la moto da più tempo viene richiamato meno volte dall’istruttore per correggere, in questa fase, la posizione in sella, mentre chi da poco guida una moto, viene spinto ad assumere una postura più corretta, più comoda e maggiormente funzionale.
Se gli esercizi che si svolgono sono la principale materia d’interesse per chi partecipa al corso, noi preferiamo vederli attraverso gli occhi e le impressioni di chi li esegue.
Nel nostro gruppo c’è una coppia di Torino, lui motociclista da pochi anni, lei da un mese, ed una coppia di amiche, appassionatissime del mondo moto. Ognuno di loro ha un diverso livello d’esperienza, rispecchiato dalla confidenza che mostra nell’affrontare le prove, ma tutti, alla fine di ogni singolo esercizio proposto, arrivano a compierlo come richiesto dall’istruttore.
Nonostante il sole cocente, la tuta talmente bagnata che sembra sia lei a sudare, l’asfalto bollente e la stanchezza che man mano va accumulandosi, anche nei momenti di pausa i miei compagni di corso tornano in moto per ripetere, quasi volendo sfruttare ogni singolo istante di quest’esperienza, gli esercizi appena imparati.
È nei rari momenti di pausa, in cui accaldati tracannano acqua, che scambiamo qualche parola.
La coppia di Torino, ad esempio, ci racconta di come e da quanto si siano appassionati alle moto, comprando prima lui un Monster, per poi essere seguito dalla propria compagna. Si divertono, sono stanchi, ma entusiasti, trovano che gli esercizi li stiano aiutando moltissimo nel capire meglio come si debba gestire la moto in strada; l’espressione di lei appare, a momenti, quasi illuminata, nel capire come alcune situazioni di guida siano molto più chiare alla luce di quanto fatto fin qui.
Ecco, proprio parlando di come si debba gestire la guida in momenti d’emergenza ed anche per comprendere, in modo empirico, l’apporto dato dalla tecnologia, vengono fatti degli esercizi specifici sull’uso dell’ABS.
Per quanto ormai tutti siamo stati messi a conoscenza e perfino persuasi a proposito dell’efficacia di questo dispositivo, molti ancora non hanno avuto modo di sperimentare come si comporti in una situazione reale, dal momento che solo chi possiede una moto di ultima generazione può annoverarlo tra le dotazioni.
Così, senza troppi preamboli, veniamo invitati nell’angolo Bosch, dove è stata allestita una doppia prova di frenata, sia su asfalto con buona aderenza che su un tratto volutamente reso insidioso con l’aggiunta di sabbia, uno dei nemici più agguerriti per un centauro.
Il nostro istruttore, salta in sella ad un Hypermotard e sorridente parte sul rettilineo, snocciolando, una dietro l’altra, le prime tre marce per poi attaccarsi energicamente ai freni, una volta arrivato ai coni che segnalano il punto di frenata: la moto si ferma in uno spazio ridottissimo ed in pieno assetto, mentre, sotto le visiere dei caschi, riesco a leggere una serie di diverse emozioni negli occhi dei partecipanti, che vanno dallo stupore, alla rassicurazione, all’incertezza.
Uno dopo l’altro tutti eseguono lo stesso esercizio, e, se nel momento in cui danno il gas per far partire la moto sul rettilineo, hanno ancora lo stesso sguardo visto durante la dimostrazione, appena la moto si arresta in totale sicurezza, appaiono del tutto persuasi che sia accaduta una specie di magia.
Certo poi, una volta spostatici sull’asfalto insabbiato, non appena l’istruttore dice di fare la stessa cosa di prima, con la stessa fiducia, torna un po’ di scetticismo negli sguardi che fissano la macchia gialla sull’asfalto; eppure, esattamente come la prima volta, la fiducia nell’ABS diventa totale non appena si prova con mano che la moto, anche in condizioni potenzialmente pericolose come queste, si può gestire in totale sicurezza. Anche le voci da bar che sostengono che l’ABS dia fastidiosi colpi a pedale e leva del freno e non sia poi così efficace, vengono smentite con la pratica e vedendo con i propri occhi quanti metri di frenata si risparmiano, e di conseguenza quanti danni si evitano, se si considera che nei 7-9 metri di strada che si farebbe in più, non disponendo dell’ABS, potrebbe esserci qualsiasi ostacolo potenzialmente pericoloso o mortalmente fragile.
Quasi a volersene convincere in modo indelebile, gli allievi tornavano subito a mettersi in fila per fare un’altra prova di frenata, aumentando ogni volta la velocità e attaccandosi ai freni in maniera ancor più brusca, stando attenti ad ogni singola reazione della moto o del dispositivo stesso, ma niente da fare, la sicurezza dell’ABS Bosch non riescono a confutarla.
Alla fine degli esercizi sul piazzale, una volta presa confidenza con i vari tipi di curva, su come affrontarli e come mantenere una corretta posizione in ogni circostanza, per riassumere e mettere tutto in pratica, si effettuano due turni in pista, o meglio, sulla Pista per antonomasia: il Mugello.
Eccitati, spaventati, smaniosi: i miei compagni di corso trasudano tutte queste emozioni mentre sulla pitlane si guardano intorno in attesa di essere chiamati per entrare.
“Pochi giri, ma intensi, un’emozione unica essere andato per la prima volta in pista e su questa pista, avere avuto subito la possibilità di mettere in pratica quanto assimilato nel corso della giornata” ci dice il ragazzo della coppia di Torino; e quando chiedo a lui ed alla sua compagna se siano soddisfatti del corso, se era così che se lo aspettavano, è lei a rispondermi: “Assolutamente sì, anzi no… è molto meglio di quanto m’aspettassi. Trovo che sia stato utilissimo e penso che lo rifarò, visto che avendo la moto da solo un mese, forse ho un po’ affrettato i tempi”.
In assoluto, entrambi pensano di voler fare anche gli altri corsi del DRE, come fossero classi consequenziali di un unico percorso formativo, come poi in effetti sarebbe inteso dagli organizzatori.
Anche sull’uso dell’ABS si dicono tutti molto stupiti: se da un lato già erano sostenitori dell’utilizzo dell’elettronica per una maggiore sicurezza, è pur vero che non l’avevano mai sperimentata, non sapendo esattamente come funzioni e quanto effettivamente sia efficace, al punto che tutti i partecipanti si sono detti intenzionati a considerare l’ABS una caratteristica fondamentale, all’atto dell’acquisto della loro prossima moto.
Mentre Lucchinelli, Polita, Bayliss e gli altri si aggirano per il paddock, salutando e stringendo mani, i partecipanti entrano ed escono dagli spogliatoi, riponendo tute e caschi nei borsoni e lasciandosi indosso solo il sorriso derivato dalla giornata.
Questo, forse, è il dato che maggiormente c’è piaciuto notare: come tante persone, di età, genere e nazionalità diverse, siano venute fino al Mugello per migliorare le proprie capacità di guida, per diminuire il fattore rischio quando si è in moto, ma anche per divertirsi e mettersi alla prova, passare una giornata da protagonisti all’interno di un circuito per poi tornare a casa ancor più motociclisti di quando si è arrivati.