Yamaha RD 500 e Suzuki RG 500 Gamma: race replica da urlo (e da sogno)

Quando la MotoGP non esisteva in pista si correva con moto da 500 cc, 4 cilindri a due tempi… e su strada? Pure! Grazie alle spettacolari (e pericolosissime) race replica realizzate da Yamaha e Suzuki. La Honda, terza casa impegnata nel mondiale, non propose una vera e propria race replica ma la NS 400, un tre cilindri da 400 cc che non replicava la moto da Gran Premio ma era decisamente più “umana” e gestibile… quindi non ci interessa.
No dai, scherziamo, ne parleremo più avanti… oggi però ci soffermiamo su mezzi derivati dal mondo delle corse. Se si considera il dato della potenza massima come unico elemento di valutazione viene quasi da sorridere, ma se vi dovesse capitare di salire a bordo di uno di questi mezzi fate attenzione perché i cavalli a disposizione vanno domati.

Yamaha RD 500

La prima race replica ad arrivare sul mercato fu proprio la Yamaha RD 500; la sigla RD (Race Development) Yamaha RD 500 race replicaidentificava infatti le sportive due tempi della casa, tra cui la RD 350 rappresenta in Italia (soprattutto nella versione LC) un vero e proprio oggetto di culto. In realtà le differenze tra il modello da strada e il prototipo che correva in pista con Kenny Roberts erano diverse e sostanziali, ma il fatto che il modello da strada avesse il telaio in alluminio e il quattro cilindri a V era più che sufficiente per avvicinarla alla YZR500-OW61 che correva in pista, per non parlare della valvola YPVS dello scarico che era su entrambe le moto.
Il 4 cilindri a V era alimentato da 4 carburatori Mikuni, la distribuzione lamellare mista e lo scarico con quattro terminali, due a lato e due nel codino sottosella. Il risultato era una potenza di poco meno di 88 Cv a 9500 giri, mentre la coppia di 6,2 Kgm aveva il suo picco a 8.500 giri. Significa un range di 1000 giri (più allungo fino ai 10.250) per sfruttare il motore. Quindi coppia e potenza massima arrivano praticamente in contemporanea, e su una moto dal peso inferiore ai 200 chili e senza nessun ausilio di tipo elettronico occorre avere polso e sedere molto sensibili per evitare di trovarsi la RD come cappello… se a questo si aggiunge la mancanza di freno motore (caratteristica di tutti i due tempi) e un sistema frenante che non è certo paragonabile a quelli attuali e gomme con sezioni che oggi troviamo su 125 stradali si comincia a intuire perché queste moto fossero tanto amate e temute.

Suzuki RG 500 Gamma

Il 1985 fu la volta della Suzuki RG 500 Gamma, ispirata alla moto che in 500 fu portata ai successi mondiali di

Suzuki RG 500 Gamma race replica

Lucchinelli e Uncini, aveva prestazioni ancora superiori a quelle della RD. L’architettura del motore era simile ma i cavalli a disposizione erano 95 a 9.500 giri e la coppia a 8.000, la velocità massima era di 240 km/h (contro i 230 della rivale) e veniva dichiarato un peso a secco inferiore ai 160 chili!
La ciclistica era lo stato dell’arte di quegli anni: telaio in alluminio, forcella regolabile con sistema anti affondamento, doppio freno a disco anteriore da 260 mm e pneumatici davvero stretti: 110/90-16″ all’anteriore e 120/90 17″ al posteriore.
Anche in questo caso più che i numeri in senso assoluto è la difficoltà di sfruttare tanta coppia e potenza su un arco di giri così limitato.
Paradossalmente entrambe queste race replica avevano la possibilità di asportare il codino e portare il passeggero che, tutto sommato, non era neanche scomodo… avendo però anche la RG gli scarichi sotto la sella alla fine del tragitto si puzzava come il grembiule dell’addetto ai fritti di un ristorante cinese. Eppure era un profumo tutt’altro che fastidioso…

Insomma, se le moto degli anni ’80 possono (a ragione) essere definite ignoranti, queste avevano laurea e master in ignoranza applicata e purtroppo non furono pochi quelli che sottovalutarono questi mezzi e finirono con il farsi molto male.
Oggi è ancora possibile trovare nel mercato dell’usato questi due mezzi, difficilmente ancora originali in tutte le sue parti e con prezzi più da collezionisti che da appassionati, come forse è anche giusto che sia. Sul finire degli anni ’80 il motore a due tempi cominciò il suo lento e inesorabile declino a favore dei quattro cilindri quattro tempi che univano la potenza alla gestione e versatilità dei mezzi…

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