Auto elettriche: più ne vendono e meno se ne vedono in autostrada

In Italia (grazie agli ecoincentivi ed agli indubbi vantaggi prestazionali, ecologici e economici) le auto elettriche – come nei Paesi a maggior Prodotto Interno Lordo (PIL) stanno assistendo ad un vero boom testimoniato dai dati delle immatricolazioni di agosto e dei primi 8 mesi del 2021 che per il mercato italiano generale sono state invece decisamente pesanti se le confrontiamo all’analogo periodo del 2019.
Le BEV (Battery Electric Vehicle) hanno infatti registrato in Italia un +500% sia ad agosto (21 vs 19) sia nel periodo gennaio/agosto con 3.247 e 38.744 immatricolazioni contro le precedenti (stesso periodo 2019) 537 e 6.455 unità con una quota di mercato passata dallo 0,6% di agosto 2019 al 5% di agosto 2021. Insomma in Italia le auto elettriche sono state “targate” in maniera massiccia rispetto alle tradizionali che hanno perso ad agosto il 27,3% ed il 19,7% nei primi 8 mesi.
Anche le altre “auto con la spina” (le ibride plug-in dette anche PHEV) hanno registrato un vero boom addirittura a 4 cifre (+1.384% nei primi 8 mesi 2012 rispetto al 2019 passando da 3.194 unita a 47.421 con le PHEV Diesel “esplose” con un +5.218% (dati sempre UNRAE), ma delle Plug-In parleremo in altra sede!
E che auto comprano gli italiani? L’offerta è sempre più vasta pensando che – tolte le top ten – ne restano quasi 10.000 spartite fra tutte le case, ma le regine sono tre citycar come Fiat 500, Smart Fortwo e Renault Twingo, mentre dal quarto posto in giù troviamo modelli che potrebbero tranquillamente affrontare l’autostrada trattandosi di Tesla Model 3, Renault Zoe, Volkswagen ID.3 seguite dalla coppia Peugeot 208 e 2008 e poi da Opel Corsa e quindi Hyundai Kona. Questa la classifica dei primi 8 mesi 2021.
Bene il parco circolante è esploso e se penso che quando ho preso la mia prima elettrica le vendite di tutto il 2007 non superavano le 2.000 unità, di strada elettrica se ne è fatta davvero tanta ma giocando sulle parole mi sembra che di strada in autostrada queste BEV ne facciano però molta poca nonostante il numero di vetture targate ed i chilometri che io percorro principalmente ogni giorno lungo la Venezia – Torino che è la autostrada più elettrica d’Italia visto che Nord Est – Lombardia e Piemonte sono le aree dove si vendono più auto elettriche in assoluto (stesso discorso vale per le PHEV).
Ed allora come mai in 4 giorni di inizio settembre percorro oltre 1.500 km e trovo le stazioni di ricarica Supercharger Tesla (le più ambite) utilizzate al minimo (salvo un paio di ore di massima punta), le poche stazioni Ionity HyperFast frequentate da pochi tedeschi con le loro tedesche e le rare Enel X Eva felicemente libere per il sottoscritto a qualsiasi ora?
Ma non solo le stazioni di ricarica (vedasi schermate e foto scattate) sono sottoutilizzate ma soprattutto in autostrada incrocio davvero pochissime BEV soprattutto Tesla e per assurdo diverse Renault Zoe e Nissan Leaf immatricolate 3 o 4 anni fa. I modelli più venduti sono delle rarità, giusto qualche Volkswagen ID.3 con targa straniera!
I motivi sono molti e fra i miei sospetti figurano l’ansia autostradale temendo di non poter raggiungere la destinazione (in agosto ho fatto 4.500 km in mezza Europa senza alcuna fibrillazione al pari di moltissimi tedeschi, olandesi, austriaci e anche francesi) che si elimina utilizzando una APP come Nextcharge o magari quella della propria casa che purtroppo non sempre è molto intuitiva…
Altro motivo è che molte vetture sono acquistate per il noleggio ed il carsharing e quindi queste BEV l’autostrada la vedono davvero raramente essendo prese più per la mobilità urbana e provinciale.
Altra ipotesi è che molte vetture aziendali siano prese piu’ ragioni di immagine e di CO2 con i manager che poi per le trasferte oltre i 100 km optano o per il treno o per magari una vettura tradizionale o PHEV viaggiando poi a gasolio o benzina…
Guardando le numerose inserzioni presenti sui siti dei maggiori concessionari e delle piattaforme specializzate come Autoscout24 sorge poi un sospetto che una buona quota del parco circolante elettrico sia ancora ospitato nei saloni magari sotto la formula dei km zero, seguendo la regola stessa delle altre alimentazioni che sfruttano molto tale soluzione per raggiungere gli obiettivi mensili fissati dalle fabbriche automobilistiche.
Altro motivo è certamente la diluizione delle vetture elettriche all’interno di un parco circolante complessivo milionario anche se un guidatore elettrico quando vede un’altra vettura elettrica se ne accorge subito e spesso ci si saluta pure come fanno i biker!
Certamente se In Italia ci fossero (come in tutti i Paesi strutturati) punti di ricarica veloci (almeno 75 kW)  in autostrada (o anche nelle immediate vicinanze) ogni circa 20/30 km come trovate in Germania, Svizzera, Francia e nella stessa Slovenia giusto per non parlare sempre dei Top Country sarebbe certo piu’ facile ed anche qui oltre ai proclami sarebbe poi utile che burocrazia e responsabili fossero piu’ snelli poiché possiamo anche investire milioni di euro nelle strutture di ricarica ma se i tempi di installazione superano l’anno facciamo e faremo poca strada elettrica…  La stessa Autostrade per l’Italia ha annunciato un piano da oltre 100 Stazioni di Ricarica da 300 kW ma ad oggi siamo fermi ad un paio e la stessa tedesca Ionity (formato da un consorzio di case automobilistiche a maggioranza germanica) non riesce a chiudere il suo piano di installazioni europee (dove essere 400 entro il 2020…) con l’Italia fanalino di coda, tanto che questa estate il numero uno del Gruppo Volkswagen si è lamentato del fatto che in Italia è davvero difficile guidare la sua auto elettrica lamentandosi dello stesso servizio di Ionity.
Mancano certo i punti di ricarica, ma i motivi sono da ricercare anche altrove ed anche la distribuzione ha ampi margini di miglioramento se pensiamo che diversi neoproprietari incontrati nelle stazioni di carica non sapevano come staccare la spina o che una protezione in plastica proteggeva la parte della presa a cui ci si può collegare per la ricarica veloce utilizzando quella lenta con evidente disperazione vedendo i tempi di ricarica previsti dal computer: 7 ore anzichè i 45 minuti della ricarica veloce in CCS…  Vendere anche una BEV con 500 km di autonomia a chi non ha una wallbox adeguata a casa o ufficio non aiuta certo la diffusione e l’uso in autostrada.
Gli stessi spot televisivi che ti dicono che ricarichi la vettura in meno di 30 minuti ma non ricordano che in Italia di stazioni superveloci a corrente continua c’è ne sono poche e che la stragrande maggioranza non sono a corrente continua da 50, 75, 150, 250, 300 kW ma a corrente alternata da 11 o 22 kW e se la tua vettura può caricare in alternata fino a 11 o 7,7 kW (per via del caricatore interno che pochi sanno cosa sia…) i tempi di ricarica non sono di 30/45 minuti per caricare dal 20 all’80% ma di parecchie ore…
Insomma non è sfortuna o distrazione se in autostrada continuo a viaggiare incontrando poche vetture elettriche!

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