Citroen 2CV 70th Anniversary prova su strada e storia dell’auto

Le automobili, negli Anni Trenta, erano oggetti costosissimi, che solo il ceto più elevato poteva permettersi. Ma la Francia era all’epoca soprattutto un paese di contadini, che vivevano in villaggi collegati da strade sterrate. André Citroen era un costruttore all’avanguardia, tanto che nel 1934 aveva prodotto la Traction Avant, prima vettura al mondo a trazione anteriore. La sua morte, nel 1935, portò l’azienda sull’orlo del fallimento: fu salvata dall’intervento della famiglia Michelin, che pose al vertice dell’azienda Pierre Jules Boulanger.

Boulanger era un manager illuminato e si affidò alla prima indagine di mercato per l’automotive per giungere a quella che sarebbe diventata la 2CV: le risposte furono univoche, la gente voleva “quattro ruote su un bagagliaio”, la possibilità di trasportare su terreni accidentati anche “un paniere di uova senza romperne neppure uno”; e poi l’auto doveva costare poco e “percorrere cento km con tre litri di benzina”.

Sembrava una missione impossibile negli Anni Trenta: ma in tre anni di progettazione la 2CV era praticamente pronta: un faro solo (lato guida), avviamento a manovella, finestrini apribili a metà verso l’alto per mettere fuori il braccio prima di svoltare. Le sospensioni a lunga escursione, indipendenti sulle ruote, ma connesse da una barra, la facevano muovere su terreni anche molto ostici. A causa dell’occupazione nazista tre dei prototipi vennero nascosti in un fienile, gli altri (erano decine) furono distrutti: i tre nascosti saranno trovati casualmente in una cascina negli anni Ottanta! Nessuno si ricordava più che fossero stati celati lì.

Il debutto fu rimandato al Salone di Parigi del 1948: la 2CV (la sigla indica i cavalli fiscali dell’epoca) era stata un po’ ingentilita dallo stilista Flaminio Bertoni. Alla stampa specializzata non piacque e fu definita “un brutto anatroccolo”. La gente invece impazzì: il successo fu tale che nel 1951 la lista d’attesa per una 2CV si allungò a tre anni! Sempre nel 1951 usciva anche la versione Furgonetta: un altro successo travolgente. Il motore passava dagli originali 375 cc a 425 e la potenza salì da 9 a 12 Cv, poi ancora a 18. Verso fine carriera, negli Anni Ottanta (!), la cilindrata salì a 600 cc e la potenza a 35 Cv.

Sempre negli Anni ’80 debuttava la sfiziosa versione bicolore Charleston, che ebbe un successo di mercato straordinario: si era deciso di produrne 5.000, ma furono tutte vendute subito e, quindi, si passò al produzione di serie che terminò addirittura il 27 luglio del 1990. La 2CV in realtà era ancora molto richiesta, ma adeguarla alle nuove normative di sicurezza avrebbe richiesto interventi che avrebbero snaturato l’essenza della iconica vettura.

Non c’è un censimento delle 2CV ancora circolanti, perché ogni tanto una vettura salta fuori da qualche capannone o fienile. Quel che è certo è che in Europa ne circolano ancora migliaia di esemplari: è sicuramente la vettura più collezionata al mondo. E per capire perché basta provarla. La 2CV ispira una guida estremamente rilassata, perché la sua potenza è giusto sufficiente per andare a spasso e godersi il paesaggio, soprattutto aprendo completamente la capote in tela, che si arrotola manualmente all’indietro. In compenso i sedili sono semplici ma molto comodi e lo spazio è confortevolmente più che sufficiente. Si sta belli larghi, sia davanti, sia dietro.

La mancanza di meccanismi di assistenza (servofreno e servosterzo) obbliga ad una guida “fisicamente” vera, ma senza grandi sforzi perché la “Duecavalli” è facile e leggera. Anche un certo coricamento in curva è naturale, per via dei lunghi ammortizzatori. Ma la vettura è sempre stabile e sicura. Una grande amica per andare a spasso in compagnia, rilassati e tranquilli: viene subito la voglia di caricare anche la sdraio e l’ombrellone. Un’amica d’altri tempi, che, se eri giovane negli Anni Settanta (come chi scrive) ti ripagava con un grande senso di libertà.

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