Consumo di benzina: -27% dal 2009 al 2014

La crisi economica ha avuto riflessi pesanti sui consumi degli italiani, a cominciare da quelli per il carburante per autotrazione. In dieci anni, infatti, le vetture circolanti in Italia equipaggiate con un motore a benzina sono passate da 20,9 a 18,9 milioni (-9,6%) ed il consumo di benzina è diminuito addirittura del 27%, oltre un quarto. In parte, il calo di immatricolazioni è stato compensato dall’aumento di vetture con motore Diesel, che sono aumentate del 14% negli ultimi cinque anni: segno evidente che il cosiddetto “effetto pompa” si fa sentire. Anche se la differenza del costo d’acquisto tra un litro di benzina ed uno di gasolio non è poi abissale (in genere meno di 20 centesimi), sono i consumi più bassi dei Diesel ad attirare i clienti.

In realtà, però, i minori consumi non si traducono affatto in maggiori percorrenze, tanto che anche le vendite di gasolio, nello stesso periodo, sono diminuite dell’11,7%, calo in gran parte dovuto, però, alla diminuzione del traffico commerciale (sempre complice la crisi). A conferma che di scelta economica si tratta (anche se sulla riduzione hanno certo inciso anche le automobili Euro 5 ed Euro 6 i cui motori consumano sempre meno) arriva il dato relativo al Gpl: le vetture propulse con Gas di petrolio liquefatto, infatti, sono aumentate nello stesso periodo del 38,6% ed i consumi di Gpl addirittura del 42,3%. Le auto a metano hanno fatto ancora meglio, essendo aumentate del 117% in dieci anni: certo, anche se la rete di distribuzione del gas naturale è ancora deficitaria in molte zone d’Italia ed Europa, è difficile resistere alla tentazione di fare il pieno con 11 o 12 euro.

Se, in generale, c’è di che essere contenti, perché la diminuzione dei consumi di carburante non può che giovare all’ambiente ed alla bolletta energetica del Paese, dall’altro c’è da notare che lo Stato, continuando a caricare di accise i carburanti ha finito per causare una forte diminuzione dei consumi e, di conseguenza, un minor gettito dell’Iva. Così come si è rivelata miope la scelta di penalizzare le vetture di grande cilindrata, le cosiddette supercar. Non è difficile fare i conti: da una vettura lussuosa che costa oltre 200mila euro, lo Stato ricava quasi 50mila euro di Iva, pari all’Iva che si ricava dalla vendita di almeno 25 utilitarie; senza contare che la vettura in questione (tanto ormai omologata Euro 6 e che quindi inquina pochissimo) consuma come tre delle citate utilitarie e quindi porta altra Iva in più. Ragionamento semplice? Evidentemente non per chi ci governa e propugna ad ogni piè sospinto il rilancio della nostra economia.

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