Il Diesel non è quello di una volta: consuma poco e inquina meno del benzina

La caccia alle streghe finirà entro breve: presto ci accorgerà di quanto sono realmente inquinanti i motori a benzina (e quanto sono “puliti” i nuovi diesel). La nuova omologazione EURO 6d temp ha raggiunto livelli di emissione inferiori dell’85% rispetto ad un EURO 5 inoltre i motori nuovi consumano poco e vanno bene. È ora di iniziare a distinguere tra le vecchie e le ultime generazioni di motori a benzina e diesel.

Nell’attesa che il trend dell’elettrificazione prenda piede viene da chiedersi: i motori a benzina sono davvero meno inquinanti di quelli a gasolio? Cerchiamo di analizzare il problema in modo semplice alla luce delle recenti evoluzioni nel mondo dei motori diesel e benzina.

Da un po’ di tempo, ma soprattutto dopo lo scandalo Dieselgate che ha coinvolto Volkswagen, sono partite nelle diverse nazioni che compongono la Comunità Europea le crociate “antidiesel”. Dopo oltre un decennio in cui il gasolio ha dominato in maniera incontrastata il mercato europeo, raggiungendo il 70% delle immatricolazioni in alcuni paesi, nell’ultimo anno il confronto con la benzina è finito in pareggio e la situazione sembra essere destinata a “peggiorare”. Siamo passati dall’elogiarne le prestazioni e i bassi consumi ad additare i motori diesel come unici responsabili dell’inquinamento delle nostre città, dell’aumento di casi di malattie respiratorie e di allergie e chissà cos’altro. Vero che il diesel è inquinante, ma al pari di ogni altro carburante di origine fossile.

Siamo sicuri che sia solo colpa dei motori diesel?

Che le emissioni dei motori alimentati a gasolio (specie quelli più vecchi) siano nocive non è un’opinione, ma non si può certo affermare che quelli alimentati a benzina siano da meno. Vediamo di capirci un po’ di più soprattutto alla luce dell’evoluzione nei motori avvenuta nel corso degli ultimi anni.

Innanzitutto è bene fare un po’ di chiarezza sui termini. Noi tutti siamo abituati a parlare di diesel indicandolo come il carburante ma in realtà tecnicamente dovremmo riferirci a “diesel” per il motore e “gasolio” per il carburante. Il termine “Diesel” prende il nome da Rudolf Diesel, ingegnere tedesco che nel 1892 brevettò la tecnologia.

Fatte le doverose premesse cerchiamo di scendere nel tecnico in modo semplice ma efficace. La principale differenza tra un motore a benzina ed un motore a gasolio è che nel primo si ha una miscela esplosiva che detona grazie a una scintilla (non a caso sono chiamati “motori a scoppio”), mentre nel secondo si brucia la miscela grazie ad un mix di temperatura e pressione alta all’interno del cilindro. Sono due tecniche diverse che portano sostanzialmente allo stesso risultato: trasformare l’energia contenuta nel carburante in moto.

Nei motori a benzina, in passato, i gas di scarico erano costituiti da piccole gocce di benzina che non erano completamente bruciate, ma questo costituiva uno spreco (oltre che una fonte di inquinamento). Gli ingegneri hanno quindi studiato una soluzione a questo problema prendendo ispirazione dai motori diesel ovvero aumentando pressione e temperatura nella camera di combustione.

L’effetto desiderato, ovvero una migliore combustione e migliori prestazioni, è stato raggiunto ma ecco che negli scarichi fanno la loro comparsa anche i temuti ossidi di azoto e le particelle cancerogene come risultato di questo “nuovo” modo di bruciare il carburante.

Quindi è vero che i motori diesel generano più ossidi di azoto – in taluni casi da tra 3 a 10 volte di più – e più particelle di fuliggine, ma è anche vero che, cercando di ottenere un maggiore rendimento e di ottenere più energia da ogni singola goccia di carburante, i motori a benzina – specie quelli ad iniezione diretta – funzionano in modo sempre più simile al diesel e di conseguenza vanno incontro ai medesimi problemi.

Va però detto che mentre i motori diesel utilizzano da tantissimi anni filtri anti-particolato e catalizzatori per ridurre queste emissioni e rispettare la legge, i motori a benzina sono attualmente esenti da quest’obbligo perché storicamente il particolato non era presente nei residui della combustione. Ma le cose come abbiamo visto sono cambiate, anche se le autorità non hanno ancora provveduto a legiferare a riguardo. Soprattutto si continua a combattere una guerra ingiusta che sta solo portando svantaggi per i consumatori. Perchè svantaggi? Perché ad oggi l’italiano medio, per via degli alti costi del carburante nel nostro paese ha affrontato spese ingenti, quantificabili in 3.5 miliardi di euro (in aumento dell’8.7%).

Come risolvere il problema del particolato nei motori a benzina?

Un modo per rimuovere gli ossidi di azoto ed i particolati dai motori a benzina esiste già: basta creare una reazione chimica che trasformi questi gas in altri prodotti non nocivi, operazione possibile tramite un filtro anti-particolato a benzina, che però è molto costoso. Inoltre, dal momento che non è ancora obbligatorio per legge, le case automobilistiche non hanno ancora adottato questa soluzione. Volkswagen e i marchi del gruppo PSA hanno già iniziato a introdurre questo filtro nei sistemi di scarico dei motori a benzina ma ogni cosa ha un prezzo: questo filtro innalza di molto le temperature del motore e i costruttori sono dovuti correre ai ripari adeguando i materiali e, a volte, diminuendo la potenza finale.

Basti pensare infatti che una vettura come la Ford Mustang ha perso ben 23 CV dopo l’introduzione di questa tecnologia. Il filtro è quindi una specie di tappo: se da un lato limita le emissioni dall’altro riduce (in alcuni casi fortemente) le prestazioni perché, cercando di spiegarlo semplicemente, il motore è meno libero di sfogarsi.

Come funziona questo filtro antiparticolato per i motori a benzina?

MOTORE V6 TDI

In pratica si tratta di un catalizzatore di ceramica con una vasta superficie esposta al passaggio dei gas (circa un ettaro) “ripiegata” molte volte su se stessa in modo da inserirsi in un tubo di circa 15 cm di diametro e 30 cm di lunghezza. Questa superficie attraverso la quale passano i gas di scarico è a base di ceramica ed è ricoperta di metalli preziosi che attraggono gli ossidi di azoto e i resti di carburante incombusto e interagendo con l’ossigeno li trasformano in altre molecole che non sono dannose, principalmente azoto, ossigeno e anidride carbonica.

Il problema principale è che questi dispositivi costano: il catalizzatore supera i 2000 euro per via della quantità di metalli preziosi che contiene, come il platino o il palladio; il filtro antiparticolato è più economico, ma è pur sempre un costo. L’altro problema è che con questi sistemi si riduce la potenza del motore e aumentano i consumi. Inoltre questi dispositivi rendono i motori più soggetti a guasti e avarie.

In conclusione,
se vogliamo motori efficienti dal punto di vista termodinamico – che abbiano potenza ma consumino poco, per capirci – e più innocui per l’ambiente, dobbiamo accettare il fatto che siano sempre più complicati, ovvero più costosi ma anche più fragili ma soprattutto essere realisti ed onesti senza attribuire tutta la colpa ai motori diesel che ancora molto hanno da offrire specie alla luce degli importanti passi tecnologici in avanti fatti dallo scandalo “dieselgate”.

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