La tranquillità di trovare la propria auto dove l’avevamo parcheggiata la sera prima è un lusso che molti italiani non possono più permettersi. I numeri parlano chiaro: il business criminale dei furti d’auto è tornato a crescere, riportandoci a livelli che non si vedevano da prima della pandemia.
Nel silenzio della notte o persino in pieno giorno, tra strade affollate e parcheggi apparentemente sicuri, ogni 4 minuti in Italia viene rubato un veicolo. Un ritmo incessante che trasforma quella che dovrebbe essere un’esperienza quotidiana – prendere la propria auto – in una lotteria della sfortuna per migliaia di cittadini.
L’analisi del Dossier sui Furti di veicoli 2025, elaborato da LoJack Italia (società specializzata nel recupero dei veicoli rubati), rivela un quadro allarmante che merita di essere osservato da vicino per comprendere l’entità del fenomeno e, soprattutto, come proteggersi.
Nel 2024 sono stati sottratti 136.201 veicoli dalle strade italiane, con un incremento del 3% rispetto all’anno precedente. Un numero impressionante che equivale a 373 furti al giorno, più di 15 ogni ora. Ma il dato che deve far riflettere è l’aumento del 6% per quanto riguarda le auto mentre i veicoli commerciali hanno visto un’impennata del 112%, letteralmente raddoppiando i numeri dell’anno precedente.
Cosa succede dopo il furto? Le statistiche non offrono molto conforto: solo il 45% dei veicoli rubati viene recuperato. Ciò significa che ogni giorno oltre 200 mezzi spariscono nel nulla, inghiottiti da un mercato nero ben organizzato che sa come far perdere rapidamente le tracce della refurtiva.
Allargando lo sguardo agli ultimi 12 anni, il quadro diventa ancora più cupo. Dal 2013 ad oggi, le strade italiane hanno “perso” circa 1.685.000 veicoli. Di questi, un milione esatto non è mai stato ritrovato. Un numero che fa dell’Italia il secondo paese in Europa per furti d’auto, preceduto solo dalla Francia.
A differenza dei nostri vicini d’oltralpe, però, mentre in Francia il fenomeno è in calo progressivo (dai 211.000 furti del 2008 ai 122.000 del 2021), in Italia la tendenza è in costante crescita. Questo confronto solleva interrogativi sull’efficacia delle strategie di contrasto e prevenzione adottate nel nostro Paese.
Il fenomeno non colpisce solo le auto. Il mercato dei veicoli a due ruote ha registrato 31.713 sottrazioni, con un tasso di recupero ancora più basso (43%). Ciò significa che quasi 18.000 moto e scooter sono svaniti nel nulla, alimentando un fiorente mercato nero di ricambi o finendo rapidamente oltre confine.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i ladri non puntano principalmente alle auto di lusso o ai modelli esclusivi. La classifica delle auto più rubate in Italia nel 2024 rispecchia fedelmente quella dei modelli più venduti e diffusi nel nostro Paese. Il motivo è semplice: più un’auto è comune, più facile sarà rivenderne i pezzi o passare inosservati durante la fuga.
Al primo posto della triste graduatoria troviamo la Fiat Panda, con ben 13.311 esemplari sottratti – un dato impressionante che rappresenta quasi un furto su cinque del totale delle auto rubate. Un primato che la piccola utilitaria italiana detiene da anni e che sembra difficile da scalfire.
A seguire troviamo la Fiat 500 (5254 furti), la Lancia Ypsilon (5048) e la Fiat Punto (4295). La top five si chiude con l’Alfa Romeo Giulietta (3606), che nel 2024 ha superato la Fiat 500L (3452), guadagnando una posizione rispetto all’anno precedente.
La classifica prosegue con la Smart ForTwo (2150), la Citroën C3 (1917), la Volkswagen Golf (1608) e, novità di quest’anno, la Ford Fiesta (1496) che entra nella top ten prendendo il posto della Renault Clio.
Un dato interessante emerge analizzando le percentuali di recupero: per i tre modelli più rubati (Panda, 500 e Ypsilon) il tasso di ritrovamento è sorprendentemente più alto della media, oscillando tra il 53% e il 55%.
Per tutti gli altri modelli in classifica, ad eccezione di Giulietta e 500L (recuperate rispettivamente nel 63% e 68% dei casi), la percentuale scende sotto il 40%. Questo suggerisce diverse strategie criminali: alcune auto vengono rubate per essere rivendute intere, altre vengono immediatamente smontate per alimentare il mercato dei ricambi.
Merita una particolare attenzione anche il mondo dei SUV e dei crossover, che rappresentano ormai il 15% del totale dei furti (circa 20.500 unità). In questa categoria, la Jeep Renegade domina la classifica con 2192 sottrazioni, seguita a breve distanza dalla Fiat 500X (2168) e, più staccata, dalla Range Rover Evoque (1634). Chiudono la top five la Jeep Compass (748) e la Peugeot 3008 (737).
Il tasso di recupero per i SUV è generalmente più basso della media, fermandosi al 41%. Questo dato non sorprende gli esperti: i SUV compatti di fascia media sono oggi i modelli più richiesti sul mercato e sono quindi particolarmente appetibili sia per la rivendita intera che per lo smontaggio in pezzi di ricambio.
Se i numeri raccontano l’entità del fenomeno, la geografia ne rivela la distribuzione sul territorio nazionale. E quello che emerge è un’Italia divisa, con alcune regioni che vivono un’emergenza quotidiana e altre dove il problema appare più contenuto.
Il dato più eclatante riguarda la concentrazione geografica: il 78% dei furti avviene in sole cinque regioni. Un’incidenza impressionante che mette a nudo la polarizzazione del fenomeno e la sua forte radicalizzazione territoriale.
Campania, Lazio, Sicilia, Puglia e Lombardia formano un poker d’assi nella triste classifica dei territori dove il rischio di vedersi sottrarre l’auto è più alto. In queste sole cinque regioni si concentrano 105.910 furti su un totale di 136.201 registrati in tutta Italia.
Al vertice della classifica troviamo la Campania con 31.428 furti, che da sola rappresenta il 23% del totale nazionale, nonostante un lieve calo del 3% rispetto all’anno precedente. Segue il Lazio con 24.153 sottrazioni (18%), e poi la Sicilia con 19.622 furti (14%), in crescita del 5%. Chiudono questo inquietante gruppo di testa la Puglia con 16.013 casi (12%) e la Lombardia con 14.694 (11%).
Sul fronte opposto, le regioni dove dormire sonni più tranquilli sono diverse: in Molise, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Basilicata, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta i furti annuali si contano in poche centinaia, con meno di 600 casi per ciascuna regione. Un divario territoriale che può essere spiegato solo in parte con la diversa densità di popolazione e di veicoli circolanti.
È interessante notare come in alcune regioni il fenomeno stia crescendo più rapidamente che altrove. È il caso della Toscana, che nel 2024 ha registrato 4206 furti con un aumento del 10% rispetto all’anno precedente, e dell’Emilia-Romagna con 4042 casi e un incremento del 16%. Segnali di un’espansione del fenomeno che potrebbe presto coinvolgere anche territori finora considerati relativamente sicuri.
Ma se rubare un’auto è un conto, ritrovarla è tutt’altra storia. E anche qui la geografia gioca un ruolo determinante. La Liguria è la regione dove le possibilità di recupero sono più alte, con una percentuale che raggiunge il 69%, seguita dall’Umbria (66%) e dalla Toscana (65%).
All’estremo opposto, Campania e Lazio condividono il poco invidiabile primato negativo, con una percentuale di recupero ferma al 36%: questo significa che in queste regioni, in quasi due casi su tre, il proprietario deve rassegnarsi a non rivedere più il proprio veicolo.
Ancora più desolante la situazione in Molise, dove solo il 16% dei veicoli rubati viene ritrovato, e in Basilicata (20%) e Abruzzo (22%). Numeri che raccontano di una filiera criminale particolarmente efficiente nel far sparire rapidamente i veicoli sottratti.
Dietro alla fredda statistica di oltre 75.000 veicoli che ogni anno spariscono senza lasciare traccia si nasconde un sistema organizzato che ha ramificazioni internazionali. Ma quali sono le strade che percorrono questi veicoli fantasma dopo il furto?
La rapidità è il fattore chiave che determina il destino di un’auto rubata. Gli esperti del settore concordano: nelle prime 24/48 ore dal furto si gioca una partita decisiva. Se il veicolo non viene ritrovato in questo lasso di tempo, le probabilità di recupero diminuiscono drasticamente. Il motivo è semplice: i ladri professionisti sanno bene che devono agire velocemente per evitare che i sistemi di localizzazione portino al recupero.
Una volta sottratto, il veicolo può prendere diverse strade. La prima, e per certi versi la più immediata, è l’esportazione verso i mercati esteri. In questo caso l’auto viene rapidamente trasportata fuori dai confini nazionali, principalmente verso:
I porti italiani giocano un ruolo fondamentale in questa dinamica, rappresentando uno snodo cruciale per l’esportazione illecita. Le auto vengono caricate in container, spesso con documentazione falsificata o manipolata, e dirette verso destinazioni dove i controlli sono meno rigorosi e dove esiste un mercato florido per veicoli a basso costo.
La seconda strada, altrettanto redditizia ma meno rischiosa dal punto di vista logistico, è quella del mercato nero dei pezzi di ricambio. In questo caso, l’auto viene condotta in luoghi sicuri – spesso capannoni isolati o officine clandestine – dove viene letteralmente smontata pezzo per pezzo.
Qui la velocità è ancora più determinante: in poche ore un veicolo può essere completamente disassemblato e i suoi componenti principali già avviati verso il mercato parallelo.
La crisi delle materie prime e i problemi nella catena di approvvigionamento, accentuati dalla pandemia e dai conflitti internazionali, hanno reso questo business ancora più redditizio. I tempi di attesa per ricambi originali si sono allungati considerevolmente e i prezzi sono lievitati, rendendo il mercato nero un’alternativa allettante per chi cerca di risparmiare senza porsi troppi scrupoli sulla provenienza dei pezzi.
I componenti più richiesti in questo mercato parallelo sono:
Un’evoluzione recente del fenomeno, in crescita costante, è rappresentata dai furti parziali. Invece di rubare l’intero veicolo, con tutti i rischi connessi, i ladri preferiscono asportare singoli componenti di valore dalle auto parcheggiate.
Marmitta, ruote, paraurti, fari: in pochi minuti, con strumenti adeguati, questi elementi possono essere smontati e portati via, per poi essere rivenduti sul mercato nero.
Il fenomeno ha assunto dimensioni particolarmente preoccupanti nel caso delle batterie di auto ibride ed elettriche. Il loro valore, che può superare facilmente i 10.000 euro per i modelli più costosi, le ha rese un obiettivo privilegiato per i ladri specializzati. Un furto che si compie in pochi minuti, ma che causa danni ingenti e perdite di tempo considerevoli per le vittime.
Le organizzazioni criminali che gestiscono questo lucroso business sono strutturate in modo gerarchico, con competenze specifiche distribuite tra i vari livelli:
Un sistema efficiente che riesce a trasformare un’auto rubata in denaro contante nel giro di poche ore, con margini di guadagno che possono superare il 400% per determinati componenti particolarmente richiesti sul mercato.
I tempi in cui bastava un semplice cacciavite per rubare un’auto sono ormai lontani. Con l’evoluzione tecnologica dei sistemi di protezione, anche le tecniche di furto si sono adeguate, diventando più sofisticate e difficili da contrastare. Oggi i ladri d’auto sono veri e propri tecnici specializzati, in grado di superare anche le difese più avanzate in pochi minuti.
Un dato che deve far riflettere: oltre un furto su tre avviene su veicoli dotati di sistemi contactless, quelli cioè che permettono di aprire e avviare l’auto senza inserire fisicamente la chiave. Una tecnologia nata per aumentare il comfort degli automobilisti, ma che si è trasformata in una vulnerabilità sfruttata dai malviventi.
I ladri oggi utilizzano principalmente tre tipologie di dispositivi elettronici:
Questo dispositivo intercetta il segnale emesso dalla chiave contactless (anche se questa si trova all’interno dell’abitazione) e lo amplifica, inviandolo all’auto. Il veicolo, “ingannato”, si sblocca come se la chiave fosse nelle vicinanze. Con lo stesso principio, è possibile anche avviare il motore.
La procedura è semplice e veloce:
Questo tipo di attacco funziona anche se la chiave è in tasca al proprietario, ad esempio in un centro commerciale o per strada. La distanza massima a cui può operare uno scanner di buona qualità può arrivare fino a 100 metri.
Il jammer è un disturbatore di frequenze che impedisce alla chiave di comunicare con l’auto quando il proprietario tenta di chiuderla. Il proprietario preme il pulsante di chiusura e, vedendo le luci lampeggiare, crede che l’auto sia chiusa, ma in realtà il segnale è stato bloccato e il veicolo rimane aperto.
La tecnica è particolarmente insidiosa perché:
Questi strumenti, nati per le officine autorizzate, permettono di riprogrammare la centralina dell’auto, associando una nuova chiave. Basta accedere alla porta OBD (la presa diagnostica presente su tutte le auto moderne) per:
Il tempo necessario per completare l’operazione? Appena 30 secondi per i tecnici più esperti.
Oltre alla tecnologia, i ladri fanno affidamento anche su tecniche più tradizionali ma non per questo meno efficaci, come:
Queste tecniche si rivelano particolarmente efficaci proprio perché combinate con l’utilizzo di dispositivi elettronici avanzati, creando un mix letale contro cui anche i sistemi di protezione più sofisticati possono fare ben poco se non si adottano adeguate contromisure.
Il tempo è il fattore determinante: i dati raccolti da LoJack mostrano come un ladro professionista impieghi in media meno di 60 secondi per entrare in un’auto e avviarla, anche quando questa è dotata di sistemi di protezione avanzati. Un lasso di tempo brevissimo, che rende estremamente difficile l’intervento tempestivo in caso di allarme.