La primavera del 2025 ha portato con sé un cambiamento importante nella gestione dei controlli relativi alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Lo scorso 11 aprile, i Ministeri dell’Interno e della Salute hanno diffuso una circolare che ha riscritto le regole del gioco per così dire, delineando un approccio molto diverso nel valutare le responsabilità degli automobilisti. Un documento che, di fatto, segna una svolta rispetto all’impostazione originale del nuovo Codice della Strada approvato nel novembre 2024.
Mentre prima bastava la semplice presenza di sostanze stupefacenti nell’organismo per essere sanzionati, ora occorre che queste influenzino effettivamente la capacità di guida. Un cambiamento che potrebbe sembrare piccolo ma che, nella realtà quotidiana di chi si mette al volante, porta ad una trasformazione radicale.
La nuova interpretazione normativa segna un ritorno al passato, recuperando l’idea che debba esistere un nesso causale tra l’assunzione di sostanze e l’effettiva alterazione psico-fisica. Non è più sufficiente essere positivi a un test per incorrere in sanzioni: occorre dimostrare che l’assunzione sia avvenuta in un “periodo di tempo prossimo” alla guida, tale da far presumere che la sostanza stia ancora esercitando i suoi effetti.
Questo ripristina un principio fondamentale del diritto: la punibilità legata non alla mera condotta, ma al pericolo concreto che questa può generare. Il cambio di orientamento è stato accolto con favore da numerosi esperti di diritto, che avevano sollevato dubbi sulla costituzionalità della precedente formulazione, ritenuta eccessivamente punitiva e poco attenta alle sfumature delle situazioni reali.
“La presenza dei principi attivi delle sostanze stupefacenti deve essere determinata esclusivamente attraverso analisi di campioni ematici o di fluido del cavo orale del conducente“, recita la circolare, sottolineando come queste siano “le uniche matrici biologiche nelle quali la presenza di molecole o metaboliti attivi costituisce indice di una persistente attività della sostanza, in grado di influire negativamente sulla guida“.
Ma come si accerta concretamente lo stato di alterazione? La circolare delinea una procedura precisa, che parte da un test salivare iniziale effettuato dalle forze dell’ordine. In caso di positività, vengono prelevati due campioni di saliva che devono essere conservati a temperatura controllata (4°) e inviati quanto prima al laboratorio di tossicologia forense più vicino.
Qui entra in gioco la distinzione fondamentale tra metaboliti attivi e inattivi. Se l’analisi rileva solo metaboliti inattivi, privi di effetti sul corpo, non si può procedere con l’incriminazione. Tale precisazione tecnica tutela chi potrebbe risultare positivo a un test pur non essendo in uno stato di alterazione al momento della guida.
È interessante notare come la circolare scarti definitivamente i test urinari come metodo per valutare lo stato di alterazione. Le urine, infatti, possono contenere tracce di sostanze assunte giorni prima, senza che queste abbiano più alcun effetto sulla capacità di guida.
Questo passaggio tecnico si allinea alle più moderne conoscenze tossicologiche, che distinguono nettamente tra presenza di una sostanza e suo effetto attivo sull’organismo.
Un altro aspetto fondamentale chiarito dalla circolare riguarda la distinzione tra uso terapeutico di farmaci e consumo di sostanze stupefacenti. Il problema era emerso con chiarezza nel caso affrontato dal Tribunale di Pordenone, quando un’automobilista era risultata positiva agli oppiacei dopo aver assunto un farmaco a base di codeina sotto prescrizione medica.
La circolare interviene su questo punto mettendo in salvo dai rigori del nuovo Codice della Strada le persone che assumono farmaci come oppioidi o psicofarmaci, anche se questi hanno gli stessi principi attivi delle sostanze stupefacenti. Una distinzione essenziale per non penalizzare chi segue terapie regolari e legittime.
Tale approccio si rivela più sensibile verso situazioni complesse che non possono essere valutate con un semplice “positivo o negativo“. La medicina moderna fa uso di numerose sostanze i cui principi attivi sono simili a quelli delle droghe, ma il loro impiego terapeutico non può e non deve essere confuso con l’uso ricreativo o illecito.
Nonostante la chiarezza della circolare, rimangono zone d’ombra sul fronte giuridico. La palla passa ora alla Corte Costituzionale, che dovrà pronunciarsi sulla questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Pordenone. Il nodo centrale resta la proporzionalità della sanzione rispetto alla condotta e al pericolo effettivamente creato.
La circolare ha di fatto anticipato una possibile dichiarazione di incostituzionalità, mitigando l’approccio originale della norma. Ma questa situazione crea un intreccio normativo: una fonte di rango inferiore (la circolare) che interpreta in modo restrittivo una legge di rango superiore (il Codice della Strada), in attesa che il giudice delle leggi si pronunci sulla compatibilità con la Costituzione.
Questa situazione lascia spazio a interpretazioni differenti da parte dei tribunali, che potrebbero seguire l’orientamento della circolare oppure attenersi alla lettera della legge, creando una giurisprudenza non uniforme fino alla pronuncia della Consulta.
Per chi si mette al volante, queste modifiche hanno implicazioni pratiche rilevanti. Le sanzioni per chi guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti restano severe: una multa fino a 6000 euro e l’arresto da sei mesi a un anno. Ma ora queste pene scattano solo se si dimostra che la sostanza sta effettivamente influenzando la guida.
È importante sapere che, in caso di controllo, gli automobilisti hanno diritto a conoscere le procedure che vengono seguite e possono richiedere che il secondo campione prelevato sia conservato correttamente per eventuali controanalisi.
Questo campione deve essere mantenuto a -18° per almeno 12 mesi, a disposizione della magistratura e degli avvocati.
Chi assume regolarmente farmaci che potrebbero dare risultati falsi positivi dovrebbe portare con sé la prescrizione medica e informare le Forze dell’ordine in caso di controllo. Una semplice precauzione come questa può evitare inutili complicazioni e chiarire immediatamente la situazione.
La nuova interpretazione del Codice della Strada cerca di trovare un punto di equilibrio tra due esigenze ugualmente importanti: garantire la sicurezza stradale e rispettare i diritti individuali. Un bilanciamento delicato, che riflette la complessità della materia.
Da un lato, non c’è dubbio che guidare sotto l’effetto di sostanze stupefacenti sia un pericolo concreto per sé e per gli altri. Dall’altro, applicare sanzioni severe a chi non è in stato di alterazione risulterebbe sproporzionato e ingiusto.
La circolare dell’11 aprile sembra andare nella direzione di una maggiore equità, introducendo criteri scientificamente fondati per valutare lo stato di alterazione e distinguere tra situazioni solo apparentemente simili.
Un approccio che, pur mantenendo ferma la condanna per comportamenti pericolosi, evita di colpire indiscriminatamente.
Soltanto il futuro ci dirà se questa interpretazione sarà confermata dalla Corte Costituzionale e come verrà applicata concretamente sulle strade italiane. Nel frattempo, la raccomandazione per tutti gli automobilisti resta la stessa: mantenere sempre la massima prudenza e non mettersi mai alla guida quando non si è in pieno possesso delle proprie facoltà, indipendentemente dalla causa dell’alterazione.
La sicurezza stradale, in fondo, non è solo fatta di norme e sanzioni, ma anche di responsabilità individuale e collettiva. Ed è su questo piano che si gioca la vera sfida per ridurre gli incidenti e salvare vite umane.