Ducati 899 Panigale test ride

Mentre, con un collega, percorriamo la E45 per andare ad Imola, alla presentazione della Ducati 899 Panigale, con il cielo, dello stesso colore dell’asfalto, che tira giù acqua come all’improvviso si fosse squarciato lasciando infiltrare l’oceano che contiene, l’unica cosa che riesco a pensare è: “non oso nemmeno immaginare che incubo possa essere dover portare una Panigale, a Imola, con quest’acqua… altro che gomme rain, io voglio la spa!!!”. Durante il tragitto, nonostante il cielo si calmi un po’, rimanendo comunque plumbeo, mi comincio a chiedere cosa aspettarmi da questa Panigale 899.

 

Il modello di cui va a prendere il posto, ossia la 848, a me era piaciuta molto: equilibrata, potente, ma gestibile, leggera e con una buona dotazione, per essere una “sorella minore” dell’ammiraglia di Borgo Panigale; forse un po’ rigida nella guida fuori pista, con una posizione di guida abbastanza caricata sugli avambracci e con una sella che, dopo un paio d’ore di guida, manifestava apertamente di essere stato progettato per un uso pistaiolo, più che per dare comfort lungo viaggi di centinaia di chilometri. Quando immagino, quindi, che la 899 stia alla 1199, come la 848 alla 1198, si rafforza il mio timore nel doverla guidare su una pista impegnativa come Imola, con diversi tipi di asfalto che si alternano, umida anche in estate, oltretutto sotto l’acqua o, nella migliore delle ipotesi, dopo che un fiume in piena ci sia scorso sopra. Solo durante la conferenza stampa, comincio a mettere da parte i miei timori, quando vengono illustrate le linee guida che hanno portato alla creazione di questa moto.

 

Ovviamente, come per la 848, bisognava rispettare i caposaldi della filosofia Ducati: motore potente, ciclistica solida che conferisca grande maneggevolezza e rapidità di manovra, elettronica ed innovazione, ma soprattutto, l’idea che questa 899 Panigale dovesse essere più confortevole della 1199 Panigale nell’uso “extracordoli”, rimanendo un ottimo esemplare da pista. Rimane quindi un’ottima cavalleria, di poco superiore alla vecchia 848 Evo, con 148 cv a 10.750 giri, con, oltretutto, una coppia superiore al modello precedente, ad ogni regime del motore.

 

Il motore, rimane comunque un bicilindrico a V di 90° con funzione portante, come per la 1199, con cui condivide indubbiamente l’estetica e non solo. Nella ciclistica, però, due netti cambiamenti si possono notare nel forcellone e nel comparto sospensioni. Per quanto riguarda il primo, infatti, non troviamo più il monobraccio visto sulla 1199, ma un tradizionale, seppur molto bello, forcellone che consente di accorciare l’interasse, in favore di un’ancor maggiore maneggevolezza. Le sospensioni vedono una Showa BPF (Big Piston Fork) con steli da 43 mm all’anteriore, completamente regolabile, ed un monoammortizzatore Sachs, sempre pluriregolabile, al posteriore.
Anche l’elettronica rimane la stessa della 1199, permettendo di “personalizzarsi” la moto, a seconda dell’utilizzo che se ne vuole fare, regolando i riding mode (sport, race e wet, con “soli” 110 cv), l’EBC (Electronic Brake Control), il DTC (Ducati Traction Control), l’ABS ed il DQS (Ducati Quick Shift). Il costo di 15.900 €, per quanto di primo acchito non indifferente, appare giustificato quando si va a vedere la dotazione di serie di questa 900 che oggi viene considerata una media, mentre di fatto ha numeri per competere con moto anche di cilindrata superiore.
Quello che dicono essere cambiato e che, appare come una luce di speranza a squarciare il plumbeo cielo sull’autodromo di Imola, è che questa moto sia stata pensata per essere guidata anche in strada, da persone normali e non per forza da “eroi dal cuore indomito”, come direbbe il dottor Costa.

 

Per renderla più comoda, quindi, due interventi semplici, quanto intelligenti: una sella ridisegnata con maggiore estensione e soprattutto maggiore imbottitura ed i semimanubri più alti di 10 mm, rispetto alla 1199.

 

Smessa la pioggia, la pista rimane bagnata, e nonostante i bravissimi meccanici della Ducati, nel levare le termocoperte, scoprano delle gomme rain, gli interrogativi permangono. Le moto schierate sono tutte bianche, con cerchi rossi, mentre l’altra colorazione, rossa con cerchi nera, la vediamo solo esposta. Partiamo con il riding mode Wet, che oltre a limitare la potenza, ha preimpostato l’ABS a 2 su 3 livelli massimi e il traction control a 5 su 8: altra piccola informazione tranquillizzante. A questo punto, abbiamo tutto ciò che può servire per affrontare una pista bagnata, l’unica cosa che serve è fare qualche giro e prendere confidenza.
La moto è piccolissima, se già la 1199 Panigale ha dimensioni veramente ridotte, nonostante le differenze, in termini di mm, siano veramente minime, una volta sopra ci si rende conto di quanto sia compatta e corta, dà quasi la sensazione di cavalcare direttamente un motore con le ruote.
Il feeling trasmesso dalle sospensioni è veramente ottimo, lavorano bene e coprono anche le asperità che la pista di Imola ama far scoprire a chi non se la ricorda più tanto. Dopo un paio di turni, la pista si asciuga abbastanza da rientrare ai box per mettere le Diablo Rosso Corsa che monta di serie, nelle dimensioni 120/70 ZR17 e 180/60 ZR17, e poter subito rientrare in pista per provare meglio, e finalmente a cuor leggero, la Panigale 899. Giro dopo giro, notiamo la maggior escursione del motore, che consente di tirare maggiormente le marce nei brevi rettilinei, senza dover cambiare, seppur coadiuvati dal cambio elettronico. Notiamo anche una piacevole differenza con la 1199: manca infatti un po’ di quella rabbia esplosiva, soprattutto ai bassi regimi, che contraddistingue la Superbike bolognese. Sembrerebbe un difetto, parlando di una sportiva in pista.

In effetti, invece, questo è uno dei vantaggi di questa moto, perché non è che non abbia scatto o cavalli, è solo che nella parte iniziale dell’accelerazione, non si comporta in modo così esageratamente aggressivo, come la 1199. Arrivata ai 7.000 giri, però, la grinta e la spinta sono aggressive ai soliti livelli Ducati, rendendola un agguerrito esemplare da cordoli, pur potendo essere gestibile anche su strade aperte al traffico. La maneggevolezza, data dai 182 chili in ordine di marcia, esclusa solo la benzina, si sente e si apprezza alle due varianti dove bisogna buttar giù la moto da una parte all’altra con grande velocità, manovra che quasi ci spiazza per la risposta della 899.

Alla fine della giornata, aggirandoci per i box, sentiamo e rubiamo qualche commento agli autorevoli colleghi, per capire se tutto questo ottimismo e piacere di guida sia una nostra esclusiva idea o un pensiero condiviso: anche i più pignoli, anche quelli più cavillosi e incontentabili, sfoggiano un sorriso sulla faccia e li vedi gesticolare tra loro raccontando come la moto abbia reagito in quella o quell’altra situazione, segno innegabile che il divertimento ha preso il sopravvento in questa cupa giornata di ottobre.

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