Moto Guzzi V7 Café Classic – Test Ride

Moto Guzzi V7 Café – Test Ride. La Guzzi V7 Classic l’abbiamo vista e provata l’anno scorso: un richiamo molto ben riuscito al classico modello Guzzi che  conquistò l’attenzione del mondo e che strabiliò per le sue caratteristiche, all’epoca, avveniristiche. Oggi viene riproposta in versione Cafè, ossia, quello stile sportivo retrò che tanto piace agli avventori dell’Ace Café a Londra e non solo.
Se la Classic era molto carina esteticamente, questa è proprio un’affascinante bellezza: colpisce subito la colorazione oro del serbatoio stretto e lungo, sotto cui escono le due testate a V da cui, a loro volta, partono i collettori di scarico che, senza troppi aggrovigliamenti, vanno dritti verso il posteriore dove finiscono in 2 terminali, uno per lato, a lieve tromboncino. Le ruote sono a raggi, anche queste in perfetto stile retrò, come il fanale tondo, la strumentazione a due quadranti circolari analogici e il cardano (che già agli albori allestiva questa moto). Ma le chicche per gli esteti vengono da tre particolari: le fiancatine con le griglie, la sella posteriore sagomata in stile monoposto anni ’70 e soprattutto i semimanubri inclinati che ci fanno subito pensare alla posizione schiacciata sul serbatoio che assumevano i piloti dell’epoca: gomiti stretti, ginocchia ben chiuse e giù a testa bassa a divorare strada.
Sarebbe stato bello provarla in una gara extraurbana magari su strade bianche, ma il traffico cittadino e qualche allungo in zone più solitarie, ci hanno fatto capire che cuore batta in quest’aquilotto.

Prova su strada
Ci avviciniamo alla moto e invece di salirci, ci scendiamo: la V7, infatti, è per vocazione bassa e aderente al suolo, di conseguenza non ci si sale, ma ci si scende sopra; giriamo la chiave e la mettiamo in moto e subito sentiamo esattamente il rumore che ci saremmo aspettati e che avremmo voluto sentir uscire dai due tubi di scarico. La posizione in sella è comoda, forse solo chi ha le gambe un po’ troppo lunghe dovrà fare attenzione a non poggiare le ginocchia sulle testate, a meno che non voglia squagliarle, la bombatura della sella è di grandissimo effetto, ma limita la presenza di un passeggero a soli/e minorenni anoressici/anoressiche, nel caso in cui non lo sia il pilota. Giù la prima e si parte. Colpisce da subito il fatto che non si possa stare come su qualsiasi naked col busto dritto, la presenza dei semimanubri invita, quasi costringe, a stare caricati sull’avantreno, come si usa nelle sportive, ma con gran sorpresa, senza affaticare i polsi. Quando si procede e si vuole fare una curva, basta accennare un minimo spostamento del corpo e la moto subito sembra voler buttarsi in piega, la velocità di reazione è impressionante e anche la stabilità è buona. Certo non si arriva a chissà che velocità, cosa che giustifica la presenza di un solo disco all’anteriore, ma ci si arriva divertendosi. Le due sospensioni posteriori assorbono abbastanza bene buche, buchette e tutta quella serie di fastidi che le nostre strade offrono, mentre talvolta nel passare dalla prima alla seconda delle 5 marce, incappiamo nel folle: volendo anche questo potrebbe essere considerato un ritorno agli anni ’70.
In città è divertentissimo andarci in giro, fermarsi al bar e vedere i capannelli di nostalgici che si avvicinano e fanno domande, senza contare che le donne sembrano rimanere molto affascinate da questa piccola sportivetta. Anche qualche gita fuori porta potrebbe essere un ottimo utilizzo per la V7 Cafè, che se da una parte limita un po’ di spazio della sella con la sua bombatura, d’altro canto offre un buon comfort grazie alla generosa imbottitura della stessa.
È una celebrazione, è un saggio di raffinato stile, è una compagna da passeggio e una spalla per farsi notare, è un mezzo per esteti, è il bello del non correre sempre a tutti i costi, è un richiamo alle origini, è la bellissima Guzzi V7 Cafè.

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