Il settore automobilistico italiano sta vivendo una profonda trasformazione, una rivoluzione che avanza sempre di più. I brand cinesi, che solo pochi anni fa rappresentavano solo curiosità nelle nostre concessionarie, stanno rapidamente conquistando fette sempre più consistenti del mercato nazionale. Una presenza che è passata da marginale a concreta realtà, modificando gli equilibri di un settore storicamente dominato dai costruttori europei.
I numeri parlano chiaro e raccontano una storia di successo che ha dell’incredibile: nel 2021 questi marchi emergenti occupavano appena lo 0,4% del mercato italiano. Oggi, nel primo trimestre del 2025, la loro quota ha raggiunto il 5,8%, con un incremento di ben 15 volte in poco più di quattro anni. Un’ascesa davvero rapida che non mostra segni di rallentamento e che sta modificando le dinamiche competitive del settore automobilistico nel nostro Paese.
La crescita esponenziale dei costruttori cinesi è uno dei fenomeni più interessanti dell’ultimo quinquennio nel panorama automobilistico italiano. I numeri sono impressionanti: un balzo del 1350% dal 2021 ad oggi, con previsioni che indicano un’ulteriore accelerazione nei prossimi anni.
Non si tratta più di piccoli esperimenti di mercato o di curiosità esotiche, ma di una trasformazione strutturale che sta modificando profondamente l’offerta automobilistica a disposizione degli italiani.
Dietro questo successo si cela una strategia ben pianificata e un’espansione metodica che ha saputo sfruttare i cambiamenti del mercato e le nuove esigenze dei consumatori. I costruttori cinesi hanno fatto della flessibilità il loro punto di forza, adattando rapidamente l’offerta alle tendenze europee e italiane, con un occhio sempre attento alla qualità percepita e alle dotazioni tecnologiche.
Ancora più importante è il dato che riguarda il futuro: entro il 2028 sono attesi 27 nuovi brand nel mercato italiano, la maggior parte dei quali di origine o proprietà cinese. Un’invasione silenziosa che promette di portare la quota complessiva di questi costruttori ben oltre l’attuale 6%, modificando permanentemente il paesaggio automobilistico nazionale.
In questa avanzata non tutti i brand procedono con la stessa velocità o adottano le medesime strategie. MG, appartenente al colosso cinese SAIC, si è affermata come punta di diamante di questa invasione, conquistando già una quota del 3,5% del mercato italiano.
Un successo costruito lentamente, offrendo veicoli dal design europeo ma con prezzi competitivi, conquistando una clientela attenta al valore e alla sostanza più che al blasone del marchio.
Alle spalle di MG troviamo BYD (Build Your Dreams), che ha raggiunto lo 0,9% del mercato e che rappresenta, per il secondo anno consecutivo, il marchio più desiderato dai concessionari italiani tra i nuovi entranti.
La casa automobilistica di Shenzhen ha fatto dell’elettrificazione la sua bandiera, proponendo una gamma completa di veicoli 100% elettrici e ibridi plug-in che stanno riscuotendo un interesse crescente tra i consumatori italiani più attenti alle tematiche ambientali.
Il panorama dei costruttori cinesi presenti in Italia è però molto più ampio e variegato. Troviamo i diversi marchi del Gruppo DR Automobiles, da EVO fino al più recente Tiger; Omoda e Jaecoo di Chery; Lynk & Co e Polestar di Geely; EMC di Eurasia Motor Company; e Leapmotor, di cui Stellantis ha acquisito una quota importante. E poi ancora marchi gestiti da concessionari distributori come AT Flow di Autotorino o venduti in private label.
Ciascuno di questi attori sta cercando di ritagliarsi una nicchia specifica nel mercato italiano, puntando su caratteristiche distintive: chi sul rapporto qualità/prezzo, chi sul design accattivante, chi sulla tecnologia di avanguardia, creando un’offerta complessiva sempre più articolata e in grado di rispondere alle diverse esigenze dei consumatori.
Analizzando le scelte strategiche dei costruttori cinesi emerge una chiara preferenza per i segmenti a più alta marginalità. La loro offerta si concentra principalmente sui SUV di segmento C e D, con una decina di modelli già disponibili in Italia e almeno 15 nel resto d’Europa. Una scelta non casuale, ma frutto di un’attenta analisi delle tendenze di mercato che vedono questa tipologia di veicoli in costante crescita nelle preferenze dei consumatori europei.
Meno rilevante, invece, è la loro presenza nei segmenti A e B, quelli delle city car e delle utilitarie, un tempo dominati dai brand nostrani. Una lacuna che potrebbe sembrare una debolezza, ma che in realtà riflette una precisa strategia commerciale: concentrarsi sui segmenti dove è possibile ottenere i margini più elevati e dove la crescente domanda di SUV e crossover permette di proporre veicoli tecnologicamente avanzati a prezzi competitivi.
Un altro elemento vincente nell’offerta dei costruttori cinesi è certamente il motore ibrido. Questi marchi hanno saputo intercettare la crescente domanda di veicoli elettrificati, proponendo soluzioni ibride e plug-in che combinano prestazioni interessanti con consumi ridotti, rispondendo così alle esigenze di una clientela sempre più attenta all’impatto ambientale ma non ancora pronta al passaggio completo all’elettrico puro.
La tecnologia è un altro punto di forza fondamentale. I veicoli cinesi si distinguono per dotazioni tecnologiche spesso superiori a quelle offerte dai concorrenti europei nella stessa fascia di prezzo. Display touch di grandi dimensioni, sistemi di assistenza alla guida avanzati e connettività diffusa sono caratteristiche comuni anche nei modelli di ingresso, attirando così una clientela giovane e tecnologicamente evoluta.
L’impatto dei marchi cinesi sul mercato italiano non si limita all’offerta di prodotto, ma sta modificando profondamente anche la struttura distributiva. Il New Brand Observatory evidenzia come il numero di punti vendita di nuovi marchi in Italia sia superiore a 800, una cifra impressionante se confrontata con i circa 300 della Germania o i 400 della Gran Bretagna.
I dealer che rappresentano marchi emergenti in Italia sono più di 400 e hanno un portafoglio multi-brand per oltre il 75%. Questo ha cambiato radicalmente il profilo del concessionario italiano medio: se nel 2015 rappresentava mediamente due marchi, nel 2025 con l’arrivo dei nuovi brand è arrivato a una media di 3,5 marchi in portafoglio.
Un concessionario su tre di brand tradizionali propone anche marchi emergenti, in una strategia di diversificazione che risponde alle nuove dinamiche di mercato.
La trasformazione della rete distributiva è uno degli aspetti più interessanti del fenomeno cinese in Italia. Gli showroom storici, spesso legati a marchi europei o americani, hanno iniziato ad affiancare brand cinesi alla loro offerta tradizionale, creando ambienti ibridi dove convivono l’esperienza consolidata e le nuove proposte dall’Oriente.
Una scelta dettata dalla necessità di ampliare l’offerta e intercettare nuovi segmenti di clientela, ma che sta cambiando profondamente il volto della distribuzione automobilistica nel Bel Paese.
Il 49% dei concessionari italiani – rispetto al 36% dello scorso anno – dichiara di avere già un focus strategico sui nuovi marchi per il prossimo futuro, a testimonianza di quanto questa tendenza sia destinata a rafforzarsi nei prossimi anni.
Particolarmente interessante è l’impatto che l’arrivo dei brand cinesi sta avendo sulle scelte d’acquisto, soprattutto tra i consumatori più giovani. Secondo l’Automotive Customer Study 2025 di Quintegia, il 44% degli acquirenti italiani si dichiara pronto a considerare l’acquisto di un’auto di un marchio emergente. Ma è tra i giovani della Generazione Z che si registra il dato più sorprendente: qui la percentuale sale addirittura al 74%.
Questo dato rivela un cambiamento profondo nelle attitudini dei consumatori più giovani, meno legati ai brand storici e più aperti alla sperimentazione. Per la Generazione Z, cresciuta in un mondo globalizzato dove i prodotti tecnologici cinesi sono la normalità, l’origine geografica di un’automobile ha un peso molto inferiore rispetto a fattori come l’innovazione tecnologica, la sostenibilità ambientale e, naturalmente, il rapporto qualità/prezzo.
Il valore percepito di questi brand, soprattutto tra i clienti più giovani e attenti alla tecnologia, è in forte crescita. I costruttori cinesi hanno saputo intercettare le esigenze di questa nuova generazione di consumatori, proponendo veicoli tecnologicamente avanzati, dal design moderno e spesso con soluzioni di mobilità innovative che vanno oltre il semplice concetto di automobile come mezzo di trasporto.
La predisposizione positiva da parte dei giovani è forse il dato più preoccupante per i costruttori tradizionali, poiché mette in discussione la fedeltà di marca che per decenni ha rappresentato uno dei pilastri del marketing automobilistico. Se i consumatori di domani sono già oggi così aperti ai brand emergenti, quali saranno le loro scelte quando avranno un maggiore potere d’acquisto?
Nonostante il successo attuale, i costruttori cinesi devono ancora affrontare numerose sfide per consolidare la loro posizione nel mercato italiano. L’affidabilità sul lungo periodo, l’assistenza post-vendita e il valore residuo futuro in caso di riscatto o rivendita sono ancora punti interrogativi importanti nella percezione dei consumatori.
La rete di assistenza, in particolare, rappresenta una sfida cruciale. Per quanto i concessionari stiano rapidamente adattando le loro strutture per accogliere questi nuovi marchi, la capillarità e l’efficienza del servizio post-vendita sono ancora un potenziale tallone d’Achille per i costruttori cinesi, abituati a operare in un mercato domestico con dinamiche molto diverse da quello europeo.
Anche la questione del valore residuo rimane aperta. Gli acquirenti italiani sono tradizionalmente attenti alla tenuta del valore nel tempo delle proprie vetture e i dati storici sui marchi cinesi sono ancora troppo limitati per fare previsioni affidabili. Questo aspetto potrebbe influenzare soprattutto il mercato delle flotte aziendali, dove il calcolo del costo totale di possesso è un fattore determinante nelle scelte d’acquisto.
Non va dimenticato, inoltre, che i costruttori europei non stanno a guardare. La risposta dei brand tradizionali all’avanzata cinese è già in atto, con strategie che vanno dall’intensificazione dell’innovazione tecnologica alla revisione delle politiche di prezzo, fino a partnership strategiche e alleanze per condividere costi e risorse. La battaglia è appena iniziata e promette di intensificarsi nei prossimi anni.
L’avanzata dei brand cinesi nel mercato automobilistico italiano è un fenomeno complesso e affascinante, che va ben oltre i semplici dati di vendita. Stiamo assistendo a una trasformazione profonda che coinvolge prodotti, reti distributive, percezioni dei consumatori e strategie industriali.
In questo scenario in rapida evoluzione, è difficile fare previsioni definitive. Ciò che appare certo è che i costruttori cinesi sono ormai una realtà consolidata nel panorama automobilistico italiano, destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni. La loro presenza ha già modificato le regole del gioco, costringendo tutti gli attori a ripensare strategie e posizionamenti.
Per i consumatori italiani, questa trasformazione è un’opportunità di scelta più ampia, con veicoli che offrono tecnologia avanzata a prezzi competitivi. Per l’industria automobilistica europea, è una sfida che richiede risposte rapide e innovative per non perdere terreno in un mercato sempre più globale e concorrenziale.
Ci troviamo all’inizio di un nuovo capitolo nella storia dell’automobile in Italia, un capitolo in cui l’Oriente e l’Occidente si incontrano e si confrontano, ridefinendo i confini di un settore che ha segnato profondamente la cultura e l’economia del nostro Paese. Una cosa è certa: il settore automobilistico italiano non sarà più lo stesso.