Microchip e semiconduttori bloccano la produzione delle auto, ma i motivi sono diversi…

La prestigiosa rivista statunitense “Fortune” edita dal Time ha ospitato a metà settembre un interessante ed approfondito articolo di Christian Hetzner intitolato (tradotto in italiano) “Dai produttori di chip ai produttori di automobili: è ora di uscire dall’età della pietra dei semiconduttori” che scopre un vaso di Pandora davvero interessante e poco noto e ripreso dalla stessa stampa specializzata.

Che cosa ci dice quindi Christian Hetzner di nuovo circa la narrativa che causa Pandemia Covid 19 le fabbriche auto hanno dovuto chiudere ed alla loro ripresa sul mercato non vi erano piu’ semiconduttori per le auto perchè i produttori gli avevano girati nel frattempo all’industria dell’elettronica di consumo (telefonini, pc, tv, ecc) lasciando le catene di montaggio bloccate anche a causa del sistema lean spinto da Toyota e copiato da molti di ridurre al minimo le scorte per avere in fabbrica solo i pezzi necessari per la giornata riducendo quindi i costi di magazzino (in teoria una soluzione vincente che per decenni ha funzionato al meglio salvo poi l’arrivo di questo “cigno nero”).

Christian Hetzner esordisce con una prima sorpresa: “Quando si tratta dei circuiti elettronici che alimentano la nostra vita quotidiana, l’automobile è contemporaneamente il bene di consumo più costoso del mondo e quello che funziona con i chip semiconduttori più economici possibili“.

Incredibile ma vero come poi spiegherà l’autore che prosegue dicendo che “La legge di Moore della miniaturizzazione sempre crescente apparentemente non ha mai raggiunto l’industria automobilistica. Dozzine di chip presenti in qualsiasi cosa, dai sistemi di frenatura elettronici alle unità di controllo degli airbag, tendono a fare affidamento su tecnologie obsolete, spesso vecchie di oltre un decennio. Questi impiegano transistor relativamente semplici che possono avere dimensioni comprese tra 45 nanometri e 90 nanometri, troppo grandi e troppo primitivi per essere adatti agli smartphone di oggi“.

Hetzner conferma poi che la Pandemia ed il blocco della produzione automobilistica ha deviato i microchip verso l’industrie elettronica, ma la sorpresa giunge dalla richiesta dei produttori di microprocessori che stanno dicendo alle case automobilistiche di “svegliarsi e finalmente unirsi agli anni 2020” riprendendo poi una parte dell’intervista che l’amministratore delegato di Intel, Pat Gelsinger aveva rilasciato a Fortune pochi giorni prima.

Farò loro (ndr. alle case automobilistiche) tutti i chip Intel 16 [nanometrici] che vogliono”, ha detto l’amministratore delegato di Intel Pat Gelsinger appunto  Fortune la  scorsa settimana durante la sua visita a una fiera dell’industria automobilistica in Germania (ndr  IAA Salone dell’Automobile di Monaco di Baviera) . Le case automobilistiche lo hanno bombardato di richieste di investire in una nuovissima capacità di produzione di semiconduttori con design che, nella migliore delle ipotesi, erano all’avanguardia quando è stato lanciato il primo iPhone di Apple. “Semplicemente non ha alcun senso economico o strategico”, ha detto Gelsinger, che è venuto al salone dell’auto per convincere le case automobilistiche che hanno bisogno di lasciar andare il lontano passato. “Piuttosto che spendere miliardi per i nuovi ‘vecchi’ fab, spendiamo milioni per aiutare a migrare i progetti verso quelli moderni“.

Ma come mai i produttori di auto sarebbero così conservativi, quando fino ad oggi tutti hanno detto che l’automotive e con l’industria spaziale ed aeronautica il faro dello sviluppo tecnologico. Ecco il motivo secondo Fortune: “La brutale pressione sui costi che le case automobilistiche esercitano sui loro fornitori, che acquistano i chip per i loro vari componenti, è certamente parte del motivo per cui i processori che usano tendono ad essere prodotti di base sfusi. Ma non è l’unico: l’affidabilità gioca una grande preoccupazione. La maggior parte dei sistemi nelle auto sono fondamentali per la sicurezza e devono funzionare praticamente in ogni situazione, indipendentemente da temperatura, umidità, vibrazioni e persino detriti stradali minori. Con così tanto in gioco, provato e vero è meglio di nuovo e migliorato. “Molto ha a che fare con il fatto che si tratta di progetti collaudati”, ha spiegato Gelsinger a Fortune, che attualmente sta conducendo una campagna per ottenere contributi  per costruire la fabbrica di chip più avanzata in Europa . A differenza di Intel, Qualcomm non può invece aiutare direttamente investendo nell’espansione della capacità. L’azienda statunitense è infatti un produttore di chip senza fabbrica, il che significa che fa affidamento su produttori a contratto dedicati che costruiscono i suoi semiconduttori per questo, ed è proprio qui che il collo di bottiglia è più acuto. “Per le fabbriche terze , investire nella vecchia tecnologia è molto meno allettante, perché prima o poi ci sarà una migrazione alla nuova tecnologia”, ha dichiarato in un’intervista Enrico Salvatori, presidente di Qualcomm Europe.  Qualcomm sta anche lavorando con l’industria automobilistica per accelerare la transizione, ma ammette che non è una soluzione facile.
“Le nuove tecnologie non sono compatibili pin-to-pin, non sono plug and play”, ha affermato Salvatori. “Bisogna riprogettare il circuito, costruire una nuova scheda che potrebbe dover essere ricertificata; magari c’è qualche impatto sulla parte meccanica che poi potrebbe intaccare il telaio della vettura. Quindi c’è un effetto domino dell’azione necessaria”.

A causa di un chip da 50 centesimi, non siamo in grado di costruire un’auto che si venda a $ 50.000“, ha affermato Murat Aksel, responsabile degli acquisti per il Gruppo Volkswagen, durante una conferenza stampa a Monaco di Baviera la scorsa settimana. Se i fornitori di semiconduttori come Intel e Qualcomm hanno la loro strada, tuttavia, i giorni in cui l’industria automobilistica si affida a questi chip a basso costo sono contati.

Davvero una storia incredibile che solo una Pandemia ha scoperchiato e svelato facendo tremare l’intera filiera automobilistica che dalle fabbriche arrivano alla distribuzione con i Concessionari italiani che sono costretti a dire ai propri clienti che la vettura desiderata ed ordinata arriverà fra molti mesi ed in alcuni casi i tempi di consegna stanno sfiorando l’anno. Tutto ciò sta facendo levitare lo stesso mercato dell’usato di qualità con il paradosso verificato da un nostro lettore che ha accettato di sostituire la sua tedesca premium con un’altra della stessa marca perchè la quotazione della sua vettura (comprata già d’occasione) era tale che non poteva rifiutare!   Inoltre il mercato vuole auto elettrificate, possibilmente con la spina ma anche qui mancano i pezzi per produrle…

Visto che il “Cigno nero” non perdona a tutte queste difficoltà si è aggiunta la crescita dei costi dei carburanti con il raddoppio del metano in pochi giorni, ma anche con benzina e forte sofferenza senza salvare neppure l’energia elettrica balzata di un 40% con cui si devono caricare anche le auto con la spina…

Attenzione che il “Cigno nero” non è un animale cattivo ma un opportunità per cambiare comportamenti non piu’ sostenibili e nella stessa industria automobilistica troviamo la stessa Tesla che pur producendo solo auto elettriche (quindi quelle con la maggiore necessità di microchip: da 3 a 5 volte piu’ di una auto tradizionale) è riuscita anche nel terzo trimestre dell’anno a registrare un nuovo record di vendite arrivando a quota 240.000 che significa che in alcuni mercati vende piu’ del gigante Toyota con bel altri margini…). Certo Tesla non produce milioni di pezzi come i giganti del settore, ma già nel 2021 potrebbe sfiorare il milione di auto elettriche grazie anche alla imminente apertura di due nuove e supermoderne sedi produttive (Gigafactory) in Europa a Berlino e negli Usa in Texas dove usciranno le Model 3 e Y a cui si aggiunge il CyberTruck, un pick up full electric i cui ordini stanno raggiungendo il milione di esemplari a conferma che il “Cigno nero” è amico degli innovatori così come lo è stato in passato con Apple o Amazon  che hanno rivoluzionato altri due settori strategici come le comunicazioni e la logistica.

Tutto ciò porterà a ripensare tutta la filiera a partire dai volumi di produzione che dovranno scendere anziché crescere sempre di più pur in assenza di mercati in grado di assorbire tutta qusta domanda che porta utili sempre piu’ risicati e danni crescenti all’ambiente che possono essere attenuati partendo dal trasporto pubblico e dal trasporto delle merci su rotaia…
Stay tuned che usciranno presto altri approfondimenti ed un nostro doveroso “bravo” a Fortune ed al collega Christian Hetzner per aver ben sviluppato un tema strategico e di non facile spiegazione.

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