Nuova Mazda MX-5 provata su strada a Barcellona

La nuova Mazda MX-5, la più leggera e la più corta di sempre (3,91 metri), è la conferma che un certo tipo di auto – a motore anteriore e trazione posteriore – è senza età. In un quarto di secolo la roadster (neanche mille chili di peso) è stata venduta in quasi un milione di esemplari, 300.000 dei quali in Europa (nel 1999 il record storico con oltre 21.000 unità targate nel Vecchio Continente, appena 6.000 lo scorso anno). Con il suo aggiornamento, la quarta generazione, il costruttore nipponico sembra mandare un messaggio chiaro agli appassionati: “Altro che guida autonoma”.

La filosofia della due posti open air Mazda MX-5 va nella direzione contraria: mani sul volante e piede sui pedali. Preferibilmente su quello dell’acceleratore. È una roadster per guidare, anche per non andare da nessuna parte. È un concetto quasi romantico di automobile, che pure è equipaggiata con moderne tecnologie di assistenza alla guida. E che dispone di due motori benzina della famiglia Skyactiv G da 1.5 litri (operazione di downsizing del “vecchio” 1.8) da 131 cavalli (150 Nm di coppia, 204 km/h di velocità di punta e 6 l/100 km di consumo nel ciclo misto) e da 2.0 litri da 160 (200 Nm, 214 km/h e 6,9 l/100 km). Il secondo è più cattivo, soprattutto quando si tratta di “strappare”, ma entrambi sono coerenti con il modello. MX-5 è sportiva, non da competizione. Perché nel guidare senza mèta, bisogna anche godersi il paesaggio.

Il nuovo tetto (nel 2016 tornerà anche la versione con l’hard top) è semplice da amministrare. Funziona manualmente e si può aprire e chiudere con una mano sola e senza alzarsi dal sedile. Il bagagliaio (più piccolo della precedente versione, 130 litri, 20 in meno) è capace di ospitare due trolley, magari non troppo voluminosi, ma pur sempre due. Nella nuova soluzione estetica che non interrompe la linea estetica nemmeno sulla portiera manca un vero appoggio comodo per il braccio, come se chi guida non staccasse mai le mani dal volante e come se il passeggero avesse sempre qualcosa da fare senza non aver bisogno di riposare il gomito su qualcosa di soffice. Le plastiche morbide sono state impiegate generosamente ma quasi solo là dove non c’è contatto. Mancherebbero anche dei vani portaoggetti all’interno dell’abitacolo, oltre a quello chiuso centrale piazzato fra i due sedili, ma chi ama queste vetture deve essere pronto a qualche sacrificio.

Gli ingegneri sono intervenuti con “rispetto” ma con successo sulla carrozzeria per non stravolgere il fascino della roadster giapponese che così tanto piace. La seduta è stata abbassata di 2 centimetri e chi guida è di 15 millimetri più centrale. Il telaio è stato rafforzato, i sistemi di sicurezza sono stati arricchiti ma grazie al più massiccio ricorso all’alluminio il peso è sceso ancora (100 chili in meno).

Il cambio, rigorosamente manuale, è gratificante: gli innesti sono precisi e veloci, ma non mascherano gli eventuali errori di chi guida. Su strada è una macchina sincera, mostruosamente sincera. L’Esp concede una certa libertà di manovra: una “fiducia” tecnologica” che chi sta al volante deve ricambiare.

Rigida il giusto, la nuova MX-5 con la più piccola unità da 1.5 litri strizza l’occhio a nuovi clienti, decisamente più giovani. Naturalmente è una roadster e quindi con tutti i limiti di un modello di questo genere. È una seconda, forse perfino una terza macchina. È la prima solo per quei pochissimi che pensano di non aver mai carichi ingombranti da trasportare o che già sanno che in caso di acquisti importanti devono farsi prestare la station wagon di un amico o per il mobile Ikea devono attendere la consegna a domicilio.

AL VOLANTE
Per le piccole compere, ma per i grandi panorami. Mazda MX-5, pur potendo disporre dell’i-Activesense, un pacchetto di sistemi all’avanguardia come il Blind Sport Monitoring, il Rear Cross Traffic Alert, il Lane Departure Warning System, l’High Beam Control, l’Adaptative Front-lighting System o l’Hill Launch Assist, incarna l’essenza del piacere della guida. Un’auto a trazione posteriore dentro la quale si è seduti a pochissimi centimetri dall’asfalto. Al volante – che non si può regolare in profondità – si “respira” la strada, quindi meglio godersi tracciati extraurbani. Come quelli nei dintorni di Barcellona, dove peraltro il tempo ha consentito solo per pochi tratti di godersi il paesaggio con il tettuccio abbassato. Il cambio manuale a sei marce è uno degli elementi che caratterizza questa quarta generazione: innesti precisi e decisi. I due motori a quattro cilindri sono “funzionali” al modello: col 2.0 ci si può concedere qualche esagerazione in più (7,3 secondi da 0 a 100), ma considerate impostazione e vocazione della vettura è estremamente piacevole da guidare anche l’1.5, che ai bassi regimi ha margini di miglioramento. Alla muscolosa linearità del design esterno corrisponde un funzionale allestimento interno, arricchito dallo schermo a 7” e da pochi altri tasti. Nell’eccesso di zelo “minimalista” sono però sparite le tasche nelle portiere ed anche il vano anteriore. MX-5 risponde ai comandi di chi sta al volante, non c’è bisogno di “domarla” o “addomesticarla”. Semmai è il contrario. Per averla, nella sua versione meno costosa, bastano 25.300 euro.

PREGI
Cambio, funzionalità capote, design

DIFETTI
Plastiche rigide, vani portaoggetti

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