Michelin al Bol d’Or

Michelin ha sempre segnato il passo del cambiamento nel mondo degli pneumatici, basti pensare a quando lanciò le gomme slick da gara che destavano perplessità nei piloti, all’invenzione delle gomme rain o, in tempi più vicini a noi, all’introduzione della bimescola, fino ad arrivare alle nuove gomme con tecnologia LTT (Light Tire Technology). Ovviamente innovazioni come queste non nascono per caso, ma sono frutto di forti investimenti nella ricerca, investimenti che per Michelin rivestono il 3% del proprio fatturato, vale a dire ben 500 milioni di euro l’anno.
Per capire meglio quali siano gli sforzi del colosso francese, abbiamo incontrato Hubert Hannezo, direttore linea prodotto due ruote, a Ladoux, il futuristico centro di ricerca di Michelin.
Proprio nel centro della Francia sorge questo immenso complesso, dotato di una pista di 8 km. disseminata di ogni tipo di sensore, dove vengono testate le nuove soluzioni studiate da Michelin; oltre alla pista, la struttura si compone di vari centri di ricerca e test, rendendolo un centro d’eccellenza mondiale nel settore.
Il signor Hannezo ci conferma che l’intenzione del centro Michelin di Ladoux è proprio quella di diventare il punto di riferimento nella ricerca nel campo pneumatici, vista soprattutto la continua crescita del mercato delle due ruote, soprattutto nei Paesi con un’economia emergente.
Qui si studiano nuove mescole e si immaginano nuove soluzioni capaci di coniugare le caratteristiche più importanti che una gomma deve avere: elevata sicurezza, piacere di guida, grip in ogni condizione ed elevato chilometraggio.
6.000 sono le persone che nel mondo lavorano per la ricerca e sviluppo di nuovi pneumatici, seguendo un iter rigoroso, fatto di 5 step: definizione delle specifiche tecniche, sviluppo e modellazione, collaudi, industrializzazione e, infine, produzione di massa.
Sì, perché la produzione di massa è l’obbiettivo finale di Michelin che non vuole certo produrre delle gomme uniche al mondo, ma utilizzabili solo da pochi. L’obbiettivo è invece quello di poter dare a chiunque, a prezzi moderati, tutta l’esperienza, la tecnologia e la sicurezza che il marchio di Bibendum è capace di sviluppare.
Questo è il punto chiave della politica di Michelin riguardo al mondo delle corse.
Per quale motivo un colosso come quello francese ha abbandonato, già da anni, competizioni al top come la MotoGP? Non poteva essere un buon banco di prova per sviluppare nuove soluzioni?
Hubert Hannezo sorride e ci dice: “no, è proprio questo il punto”.
In campionati come la MotoGP le performance sono talmente elevate che si devono sviluppare delle gomme apposite dalle caratteristiche talmente elevate da risultare inutilizzabili in strada. Ricordate la caduta di Casey Stoner durante il giro di ricognizione a Valencia o quella di Valentino Rossi al Mugello? Quello è il caso lampante di quanto detto da Hannezo: gomme talmente specifiche che si riscaldano molto in fretta, ma che con altrettanta velocità tornano fredde perdendo il grip ottimale che è legato ad una particolarissima temperatura, mentre per l’uso che ne fanno i non piloti, tanto in strada quanto in pista, serve una gomma che garantisca maggiore sicurezza anche se si scende al di sotto della velocità ottimale e quindi della temperatura perfetta per la gomma.
Ma questo non significa che Michelin abbia abbandonato il mondo delle corse, anzi, ha continuato ad investire, e molto, semplicemente rendendo più mirata la sua partecipazione.
Negli ultimi anni l’industria francese si è dedicata principalmente a 4 campionati: il C.I.V. (Campionato Italiano Velocità), l’omologo campionato velocità francese, il campionato velocità  spagnolo e, soprattutto il Campionato Endurance.
Proprio quest’ultimo è forse il più importante per la ricerca, tanto che Michelin ha creato un proprio team ufficiale: il Power Research Team. Il fatto che si corra ininterrottamente per ore ed ore, di giorno e di notte, con la pioggia e con il sole, rappresenta un ottimo banco di prova per provare delle soluzioni tecniche che garantiscano la massima performance in ogni condizione d’utilizzo, abbiano una lunga durata e, in definitiva, possano essere poi industrializzate e commercializzate anche su vasta scala.
La moto del team Michelin, inoltre, è essa stessa un laboratorio ambulante, o meglio “corrente”. La vittoria delle singole gare, come la storica e blasonatissima Bol d’Or di Magny Cour a cui abbiamo assistito assieme ad oltre 150.000 persone, è sicuramente un obbiettivo per il team, ma prima di tutto si studiano i comportamenti delle gomme in gara, grazie ancora a sofisticatissimi sensori che monitorano costantemente il comportamento degli pneumatici in modo che i tecnici possano verificare sul campo le ultime migliorie apportate. Questo significa che spesso le tarature della moto non vengono fatte in funzione delle richieste del pilota, ma dei tecnici che possono così “stressare” o controllare le gomme in diverse condizioni d’uso, in modo che, anno dopo anno, il livello tecnologico degli pneumatici venga costantemente accresciuto per arrivare un giorno, non molto lontano dicono in Michelin, a delle gomme che non buchino mai.

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