Anna Andreussi: “Con i successi mi sono fatta rispettare”

La sintonia tra pilota e navigatore è alla base del rally, quanto è importante per voi?
Siamo due persone fondamentalmente pacifiche e serene, quando siamo a casa siamo disordinatissimi tutti e due, mentre in macchina siamo estremamente precisi. Lui sicuramente ha quella ‘fame’ di vincere che io non ho, a volte mi chiama Santa Maria Goretti perché in competizione sono sempre quella che guarda all’avversario. Magari lo vedo fermo e mi dispiace, aiuto sempre qualcun’altro, Paolo invece dice che devo guardare solo la nostra gara. Ha veramente la competizione nel sangue, questo è un suo grande pregio. Ritengo che anche il mio sia un pregio che però deve essere compensato dal suo, perché altrimenti non sarei mai arrivata dove sono.
Il navigatore deve essere calmo e concentrato in mezzo all’adrenalina della gara. Ma come fai?
Ho imparato a sapermi gestire sempre meglio. In prova speciale o quando ci sono i momenti di massima tensione sono una persona molto emotiva, non nego che ci siano delle emozioni fortissime e l’adrenalina pompa. Però ho imparato ad avere anche un ‘canale’ separato, che è quello del tempo: tenere il tempo, il cronometro, leggere le note. Appena mi concentro riesco molto bene a gestire queste due sezioni che sono agli opposti, perché se si sovrappongono è molto facile fare errori, e in quei momenti, durante la corsa, non si può sbagliare.
C’è un rally che ti è rimasto particolarmente nel cuore?
Tutti i rally sono importanti per me, certo ci sono delle prove speciali che preferisci, una terra che ti piace di più o le emozioni della gara di casa. Sicuramente il Rally del Friuli, mi piace perché ci sono più tifosi, c’è la mia famiglia e quindi le emozioni sono sempre più forti. Se poi vinci, dal podio riesci a riconoscere tra la gente tante facce conosciute e l’emozione sale ancora di più. Per me tutti i rally sono di alto livello, però c’è questa preferenza per la gara di casa, questo sì. Poi proprio domani comincerà l’edizione 2016, per cui …
Il rally sembra un mondo prevalentemente maschile, quanto c’è voluto per farti trattare da pari e come ci sei riuscita?
È stato abbastanza difficile nel momento in cui ho cominciato a correre con Paolo, perché prima lo praticavo in forma dilettantistica, era un approccio completamente diverso, più di divertimento, di condivisione. Quando ho cominciato a correre con lui è diventato un lavoro da subito. Quando Paolo mi ha chiamata a correre devo dire che ci sono state tante diffidenze e devo ringraziarlo soprattutto per i primi anni: lui era convinto di avere accanto la persona che gli serviva, quella giusta, a prescindere dal fatto che fosse maschio o femmina. Questo l’ha sempre detto, fin da quando abbiamo iniziato, e questo mi ha protetta. Altrimenti non so se ce l’avrei fatta. Dopo qualche anno sono riuscita a camminare con le mie gambe, a farmi rispettare grazie ai risultati e, spero, un po’ anche grazie al mio carattere. Adesso mi accorgo che quando sono in gara con la tuta i miei avversari mi trattano come se fossi uno di loro. Questa cosa mi ha fatto capire che ero stata accettata nel gruppo. È un motivo d’orgoglio per tanti aspetti e si sta bene, venire rispettata in un ambiente così duro per me è stata una vittoria.

 

Qual è la vita di una navigatrice di rally una volta scesa dall’auto e chiusa la portiera?
La prima cosa che faccio quando rientro a casa è fare lavatrici, stirare, rifare i letti, … Faccio tutto quello che fanno le persone assolutamente normali e sto benissimo perché mi rilassa. Taglio l’erba, faccio tutto quello che dovrebbe fare Paolo perché proprio non fa niente…ci dipingono sempre come Sandra e Raimondo in Casa Vianello…alle volte mi convinco che sia proprio ver, anche se “Che barba, Che noia” noi proprio non possiamo dirlo…

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