Batterie per auto elettriche: quali sono le tipologie più utilizzate?

Oltre al motore che è la parte propulsiva principale, la componente essenziale di un’auto elettrica è senz’altro la sua batteria: al giorno d’oggi gli accumulatori utilizzano tendenzialmente tutti la tecnologia agli ioni di litio, tuttavia esistono delle differenze che possono essere più o meno specifiche su un determinato veicolo a seconda della sua destinazione di utilizzo.

Lo standard, quindi, è certamente quello delle batterie agli ioni di litio che, come si evince dal nome, sono caratterizzate da un anodo al litio e da un catodo al carbonio: la loro composizione ad elettrolita liquido rappresenta il compromesso ottimale per la maggior parte delle autovetture moderne perchè assicura delle ottime prestazioni sul lungo periodo assieme a una discreta efficienza anche in caso di utilizzo prolungato – soprattutto se contraddistinto da frequenti momenti di ricarica attraverso piattaforme (le colonnine) ad alta velocità.

Una loro variante è quella delle batterie al litio-ferro-fosfato (LFP), che utilizza elementi diversi al catodo e all’anodo limitando allo stesso tempo sia i costi di produzione ma anche (purtroppo) la loro densità energetica, a cui si aggiungono gli accumulatori al litio-metallo (con litio anche sul catodo che aumenta la densità energetica ma abbatte performance e durata nel tempo) e quelli al litio-zolfo (attualmente in fase di sperimentazione).

Un’altra tipologia di batteria per auto elettriche è quella al nichel-metallo idruro, ampiamente utilizzata sulla Toyota Prius fin dal suo debutto sul mercato: è caratterizzata dall’anodo in lega metallica, dal catodo al nichel e dall’elettrolita all’idrossido di potassio diluito, un pacchetto che garantisce un’ottima densità energetica a fronte di prestazioni via via sempre più scarse quanto più vengono effettuati frequenti cicli di carica e scarica. Esistono poi le batterie al piombo, ormai impiegate solo su veicoli economici viste le loro scarse prestazioni e le difficoltà durante le fasi di smaltimento, e quelle agli ioni sodio, ancora in fase di sviluppo ma particolarmente promettenti sotto il punto di vista delle performance (anche a basse temperature d’esercizio) e della loro autonomia.

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