Prova Lambretta V 200 Special, il Lambro torna a scorrere su due ruote

Lambretta V 200 Special Fix – L’avevamo provata brevemente lo scorso settembre ai KSR Days, ora abbiamo avuto modo di guidarla e testarla più a fondo. Ma facciamo un passo indietro, perché forse non tutti conoscono la storia di un modello nato nel lontano del 1947, prendendo il nome da quel fiume Lambro vicino alla fabbrica dove ha visto la luce. Nel quartiere di Lambrate a Milano la Lambretta viene prodotta dal 1947 al 1972, creando un dualismo alla Coppi e Bartali, dove a prevalere, così sentenzia la storia, è lo scooter di casa Piaggio su quello di Innocenti.

Dai 25 anni di successi italiani ai (tanti) tentati rilanci

Nata intorno ad un telaio tubolare lasciato in gran parte a vista, nel 1957 di fatto la Lambretta copia la rivale Vespa, “vestendosi” e restando poi carenata da lì fino alla fine della sua carriera. Gli anni ’50 e ’60 sono quelli del successo, un periodo nel quale nasce anche la versione Special a cui si ispira, nel nome e nelle forme, proprio la Lambretta da noi provata. Dopo 25 anni di successi, nel 1972 la produzione saluta l’Italia e continua in India, fino al 1997. Dopo questa data trascorrono 20 anni complicati per Lambretta, costellati di tentativi di rilancio, ufficiali ed anche illeciti (alcuni dei quali hanno avuto un seguito giudiziario). Qualcuno ricorderà anche l’invasione di campo di Valeria Marini, testimonial d’eccezione della Lambretta Pato vista ad Eicma 2008 ed il cui successo è stato poi decisamente inferiore alle attese.

Si arriva quindi ai giorni nostri, o meglio al 2017, anno in cui la Innocenti S.A., azienda con sede a Lugano e controllata dalla austriaca KSR Group, ricomincia a produrre mezzi marchiati Lambretta. Per scoprire chi sia KSR Group e cosa faccia vi rimandiamo al nostro articolo dello scorso settembre di certo possiamo affermare che questa volta il partner dietro all’ennesimo tentato rilancio sembra essere valido, vedremo se il tempo gli darà ragione.

Operazione nostalgia, riuscita?

Sull’estetica la sentenza la lasciamo al vostro gusto personale. Quello che possiamo constatare da una analisi della nuova Lambretta V 200 Special è che si tratta di un oggetto curato e ben realizzato, che beneficia del fatto che Innocenti S.A. sia parte di un gruppo, KSR, che collabora anche con pezzi da novanta come Kiska Design, che deve la sua fama anche all’aver definito le forme delle moto di KTM, ma non solo. L’aspetto è molto legato alla sua antenata, nel bene e nel male, dato che quel parafango anteriore alto (può essere fisso come in questo esemplare, non legato alla ruota / forcella, ma alla scocca come sulla Lambretta 175 TV nel 1957) deve piacere, ma era irrinunciabile per poter utilizzare con la giusta motivazione il nome Special. Alla tradizione la Lambretta deve anche la presenza di una struttura in acciaio, inclusi i pannelli laterali.

A differenza della scocca della Vespa qui sono facilmente asportabili, ottima notizia sia in chiave personalizzazione (sono disponibili a richiesta anche in carbonio!), ma soprattutto per eventuali riparazioni, che così sono decisamente più semplici ed economiche da realizzare. Oltre a questo, una volta rimosse le fiancate, l’accesso al motore si fa molto agevole. Il tocco moderno è dato invece dalle luci a LED (sia per i due gruppi ottici che per le frecce), dalla strumentazione che al tachimetro analogico accosta un display e dalle comodità che non possono mancare su uno scooter di oggi, come la presa USB a 2A presente nel portaoggetti nel retroscudo. Il logo Lambretta è onnipresente, lo troviamo nel faro anteriore, nel fanale posteriore, sul carter trasmissione, sullo scudo insieme al nome della fabbrica, sulla gomma che ricompre la pedana abbinato al logo con il leone rampante (un tributo al loghi del Lambretta Club inglese), ma ce ne sono anche sotto la sella, sulla strumentazione, sull’etichetta cucita alla sella. Insomma, è fuor di dubbio che la volontà di ostentare un nome tanto importante le manchi.

Punta sul design, ma la meccanica non delude

Il vestito è quello che forse conta di più, l’elemento distintivo rispetto a qualsiasi altro scooter, ma sotto alle sue lamiere la Lambretta di oggi cela una meccanica di buon livello. Detto della scocca metallica portante, dettaglio che l’avvicina in parte alla sua storica rivale Vespa, anche nelle versioni attuali, troviamo poi una classica forcella all’anteriore ed un doppio ammortizzatore al posteriore. Il freno a disco posteriore è previsto per 125 e 200 (c’è invece un tamburo da 110 mm per la 50), mentre se la più piccola delle due targate adotta la frenata combinata CBS, la 200 della nostra prova ha di serie (come prevede d’obbligo la legge) l’ABS, che agisce però solo sul disco anteriore da 226 mm, mentre il posteriore da 220 è lasciato libero di bloccarsi.

Quanto invece al motore, la scelta per la “over 125” è stata quella di chiamarla 200, ma di fermarsi a metà strada nella cubatura effettiva, che è di 169 cc. Dai circa 10 cavalli della ottavo di litro si sale qui a 12, disponibili leggermente più in basso (ad 8 mila giri e non 8.500). La curva offre poi una erogazione migliore nella parte centrale, come dimostra il valore di coppia massima di 12,2 Nm (la 125 ne ha 3 in meno), che arrivano molto prima (5.500 giri per la 200, 1.500 giri più in basso del punto di coppia massima della sorella minore). Si tratta di una unità conforme alle norme Euro 4 (essendo già in produzione il passaggio ad Euro 5 sarà obbligatorio solo dal 2021).

In sella all’ultima di una dinastia con oltre 70 anni

Il design della nuova Lambretta è piacevole, elegante e pulito, è sicuramente l’elemento che porta a sceglierla, ma tutto il resto giustifica l’acquisto e non siamo davanti ad un compromesso che imponga una qualche rinuncia sull’altare del design. Offre anche un vano sottosella di buone dimensioni (è solo un po’ stretto e questo vincola se il casco ha un ingombro laterale eccessivo, anche se per profondità ci starebbe), mentre il piccolo portapacchi posteriore di questo esemplare è un accessorio per personalizzarla.

Essenziali, ma dalla buona ergonomia i comandi al manubrio, che includono i tasti per navigare tra i dati snocciolati dalla strumentazione. Il comando delle frecce include invece un cicalino, che evita in modo piuttosto convincente di dimenticarsele inserite. La sella è spaziosa e comoda (anche se l’imbottitura è limitata) anche per il passeggero e posta a 800 mm  da terra (770 per la versione 50). Anche se non si è molto alti le manovre da fermo risultano agevoli ed il peso contenuto (107 kg a secco) rende la Lambretta comoda anche negli spostamenti nel traffico cittadino.

La V200 Special ha un buon brio nelle partenze, ma il suo propulsore non è certo tra i più prestanti per questa cilindrata. Offre giusto qualcosina in più di un 125 in quanto ad erogazione ai medi, in allungo si arriva subito in zona 90 km/h, mentre i 100 del valore dichiarato si avvicinano più lentamente, magari in quegli spostamenti in tangenziale che sono il suo habitat naturale più che le tratte autostradali vere e proprie. La Lambretta V200 Special ha infatti una scocca piccola ed è perfetta più per la città che per l’uso extraurbano, motivo che porterà a sceglierla in questa configurazione 200 soprattutto per evitare i blocchi che impediscono ai 125 di accedere ad autostrade e tangenziali.

Quanto invece a ciclistica e frenata la Lambretta è maneggevole ed offre spazi d’arresto contenuti, anche grazie alle ottime Pirelli Angel Scooter di primo equipaggiamento, abbinate ai piccoli cerchi da 12”. Particolare la scelta di dotarla dell’ABS solo all’anteriore, scelta che abbiamo visto quasi esclusivamente su scooter con il tamburo posteriore in passato. Nulla di grave, dato che nelle frenate importanti è l’anteriore ad essere determinante e perché il bloccaggio della ruota posteriore è di gran lunga meno pericoloso e difficilmente espone al rischio di una caduta. Il difetto più evidente di questa Lambretta è rappresentato invece dalla ridotta capacità delle sospensioni di digerire le asperità del manto stradale. In città, tra pavé ed asfalto provato dalle piogge dei mesi invernali, non è raro sentire qualche “stock” di troppo dall’anteriore, che sembra suggerire di tenere una andatura più moderata in presenza di buche.

Conclusioni e prezzo

Interessante la disponibilità di accessori, che vanno dai caschi, all’abbigliamento, passando per portapacchi e protezioni tubolari da applicare ai lati delle fiancatine. Abbiamo poi accennato della disponibilità dei pannelli laterali in carbonio, che fanno parte di una offerta che include, nella medesima finitura, il coperchio batteria il pannello inferiore alla pedana, il convogliatore della ventola, la paratia della marmitta, ma anche coprimanubrio, parafango anteriore e cravatta sullo scudo.

Sono ben 7 le tonalità disponibili per la “Flex Fender”, di cui due bicolori, mentre la versione a parafango fisso da noi provata, Fix Fender, oltre che arancione può essere scelta grigia opaca (solo però per la 50 e la 125) o nella elegantissima tinta blu argento destinata alla 200, forse quella che meglio mette in risalto il design di questa Lambretta.

Il serbatoio è da 6 litri circa, si fa quindi il pieno con meno di 10 euro e l’autonomia è discreta (compresa tra 150 e 200 km), a fronte dei suoi consumi. Dal valore dichiarato in 2.9 l/100 Km si scende infatti relativamente poco, restando sempre ben sopra i 25 km/l anche nell’utilizzo prettamente urbano.

Infine il prezzo, che parte dai 2.899 euro della Lambretta V50 Special, passando ai 3.399 per la V125 Special ed arrivando ai 3.999 euro per questa 200. Annunciata per il 2020, a breve dovrebbe essere disponibile poi la versione elettrica di questa Lambretta.

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