Aprilia RSV4R – Test Ride

Aprilia RSV4R – Test Ride. Ad aprile scorso siamo andati a Misano a provare la RSV4 Factory, all’epoca infatti il campionato SBK era cominciato da poco e, nonostante si vedesse già che l’Aprilia avesse enormi potenzialità, era ancora grande l’attesa per il primo 4 cilindri della giovane, ma vincente casa veneta. Quando lasciammo l’autodromo di Misano eravamo tutti entusiasti, la moto ci piaceva da morire, ci aveva stupito e ritenevamo, a ragione come poi si è visto, che la RSV4 si sarebbe fatta notare sui circuiti di tutto il mondo; quello che allora non credevamo del tutto possibile, fosse che l’Aprilia ci avesse annunciato che avrebbe fatto una versione R, meno pregiata nella componentistica, ma con le stesse prestazioni, per un costo molto inferiore.

Le gare della SBK si susseguono, l’Aprilia RSV4 di Max Biaggi fa segnare sempre la velocità massima nelle qualifiche e in gara, battaglia con gli aspiranti al titolo pur essendo un “esordiente” e spesso si ritrova davanti alle altre moto, addirittura messa in mano a Simoncelli a Imola dà spettacolo quasi da sola, facendo dimenticare la contesa Spies-Haga e ci ritroviamo così quasi nel 2010 ad assistere allo svelamento della famosa “versione economica”. 4.000 € meno della Factory, per un costo chiavi in mano di 16.000 €, ma a vederla così è esattamente identica alla sorella maggiore, eccezion fatta per la bellissima livrea bianca. Eppure dei cambiamenti ci sono stati: fondamentalmente nella ciclistica: a differenza della Factory, la versione R dispone di forcella Showa e monoammortizzatore Sachs, entrambi completamente regolabili, al posto dei più blasonati Ohlins, il telaio non prevede la possibilità di variare il posizionamento del motore, così come non è regolabile il cannotto di sterzo, i carter non sono in magnesio, i cerchi non sono forgiati, ma per il resto la moto è sempre lei: uno strettissimo V4 65° da 999,6 cc con doppio albero a camme in testa e 4 valvole per cilindro, pronto ad erogare fino a 180 cv a 12.500 giri con una coppia massima di 115 Nm a 10.000 giri, incastonato in un telaio a doppia trave in alluminio, freni top gamma Brembo, ammortizzatore di sterzo Sachs, frizione antisaltellamento e cambio estraibile, insomma ben al di sopra della solita dotazione di serie di una supersportiva nipponica.

Ci sono ancora le tre mappe per la centralina, rain, sport e track, con la prima che taglia i cavalli a “soli” 140 e, all’estremo opposto, la track che garantisce un’erogazione da subito a dir poco imbarazzante per quanto potente. Insomma, le giriamo attorno, leggiamo la scheda tecnica, domandiamo qualsiasi cosa ci venga in mente a meccanici e ingegneri, ma pare proprio che le poche differenze sopraelencate siano tutto ciò che differisce in questa versione e che quindi siano questi pochi cambiamenti gli artefici dell’abbassamento del prezzo. A questo punto, se la moto è quasi identica alla Factory, dovremmo scenderne, dopo il test sulla pista dell’Estoril, entusiasti come per l’altra.

In pista
Tornare sulla RSV4 è un piacere, per piloti di tutte le stazze: ti trovi alto sulla moto, dritto e non particolarmente caricato sull’anteriore, le gambe, anche per chi si avvicina ai 2 metri di altezza, trovano facilmente posto ai lati del serbatoio e nonostante il timore reverenziale che da subito suscita, riesce anche a mettere a proprio agio. Ci danno il via in pitlane e partiamo: la pista portoghese è ancora umida e a causa dell’asfalto è lenta ad asciugarsi, quindi cogliamo l’occasione e partiamo con la mappa rain: in pratica ci si trova su una 750 cc da 140 cv, quindi tutt’altro che un tranquillo trabiccolo, il motore eroga molto fluidamente la potenza e già dai bassi giri si sente un serbatoio d’inesauribile potenza pronto ad esplodere qualora le si desse il comando. Prendiamo confidenza con le traiettorie dell’Estoril e quindi a dare più gas e ad affrontare le curve in modo più ortodosso; impressiona da subito la velocità con cui scende in piega e con cui le si fa cambiare direzione. La pista lentamente si asciuga, quindi passiamo alla mappa S e forti di una maggiore conoscenza della pista, cominciamo a dare più gas: quando si gira la manopola del gas con troppa confidenza, soprattutto in uscita di curva, la moto cerca sempre di sollevare la ruota anteriore; il reparto freni, certo è ovvio essendo il top gamma del top produttore Brembo, è impressionante: sei a 250 km/h sul rettilineo dove il cartello dice che mancano 200 metri alla curva, è il caso di frenare, viene da pensare, quindi su il busto e attaccarsi ai freni: sbagliato! Così facendo infatti vi troverete troppo lenti in ingresso in curva, quindi quando si comincia ad usarla è bene ricordarsi che i freni sono incredibilmente potenti e che quindi è consentito tirare staccate al limite, aspettando l’ultimo istante possibile per agire sui comandi, oltretutto coscienti che l’incredibile ciclistica della moto la farà comunque rimanere in assetto, se non per qualche lieve sbandieramento del posteriore.

La ciclistica, appunto, è un altro dei punti chiave. Aprilia ci ha costruito la sua fama su telai e ciclistica in genere, la casa veneta ha sempre eccelso in questo e la RSV4R conferma la nome: nonostante sembri scalpitare ed essere molto nervosa, anche in percorrenza di curva, appena presa la mano, ci si rende conto che è come se fosse una questione di carattere: è fatta così, deve scaricare a terra 180 cv, quindi sembra un po’ nervosetta, ma sempre e comunque affidabile e precisa, per quanto, appunto, non faccia stare in totale relax come magari certe colleghe giapponesi, ma forse questo è un altro pregio, il fatto cioè che un atteggiamento nervoso costringa all’attenzione nella guida e a pensare a cosa si sta per fare.

Con la pista abbiamo ormai preso confidenza, quindi dentro mappa T e andiamo a vedere questo motore: l’erogazione è in questo caso estrema, molto rapida e arriva a piena potenza in tempi ristrettissimi, ma al tempo stesso, strano a dirsi, anche non violenta, brusca e incontrollabile come ci aspettavamo: non è che si venga sbalzati all’indietro o che le braccia si stacchino dal torso, semplicemente già dai 2000 giri è un continuo aumentare senza che si intraveda una fine possibile: quando sul rettilineo a 250 km/h dobbiamo frenare, la moto sembra quasi rimanerci male, perché lei aveva ancora una marcia e tanti km/h da dare.
Vorremmo fare i puntigliosi e dire che in effetti la sella non è comoda o che l’assenza di traction control sia una lacuna imperdonabile, ma in realtà non è così: è una supersportiva da pista resa più fruibile dal grande pubblico, per chi non ha una squadra di meccanici che gli regolino la posizione del motore, le sospensioni e faccia un’infinità di regolazioni, ma dispone di un buon meccanico; non è la moto che comprereste come base per partecipare col vostro team alla Superstock, ma ha comunque tutte le caratteristiche, impostazioni e prestazioni della Factory e per sentire la differenza tra le sospensioni della Factory Ohlins e le Sachs e Showa della R dovreste essere dei signori piloti.

In quest’ottica è ovvio che commenti del tipo “non ha spazio sottosella” o “eh, però il passeggerò deve stare arrampicato sulla minuscola (meravigliosa) coda” siano un’ammissione di colpa di chi li enuncia: questa è comunque una supersportiva che vuole abitare il circuito e concedersi qualche scampagnata, magari pascolando su qualche statale con una “zainetta” o con il motogruppo di amici sul misto, anche stretto, ma di sicuro cercarle le caratteristiche di una stradale sarebbe quantomeno ingenuo.
Mentre voi ci pensate, qualcuno l’ha già messa nel box, bianca Glamour o nero Aprilia, pagata al costo di 16.000 €, consci che 36 titoli mondiali, 328 vittorie nel motomondiale e 9 vittorie in Superbike e soprattutto una moto che ha dato filo da torcere a Spies e Haga ed è stata riconosciuta come una delle migliori moto dell’anno, qualcosa vuol dire.

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