Buell 1125R – Test Ride

Nel 1983 Erik Buell costruiva la sua prima moto, ma solo dieci anni dopo, quando la potente Harley Davidson acquistava il 49% della sua società, nasceva la casa motociclistica che porta il suo nome. Molti anni dopo, sulla via Flaminia, alle porte di Roma, come si suol dire, in un famoso bar di motociclisti si sentiva un’affermazione che sarebbe rimasta famosa; accadeva che i centauri vicino alle loro nipponiche moto, parcheggiate presso questo bar, tesero le orecchie sentendo un rombo provenire da dietro le curve e subito cominciarono i commenti: “E’ un bicilindrico” disse uno, “non ci piove” risposero in molti, “questo starà almeno a 260” azzardò invece il solito fanatico della velocità, “magari a 260 no, ma sarà una supermoto con un motore grosso come un camion” decise il diplomatico. Dopo poco si videro comparire dei fari e un centauro su un mezzo estremamente piccolo anche se visto da davanti, ma quando passò una moto senza coda, dalla forma insolita, che strillava come un demonio, ma che per la delusione del fanatico della velocità, non sarà stata a più di 120 chilometri orari, allora e solo allora un tale grosso, con una sigaretta in bocca chiosò con la storica frase: “E’ una moto Shakespeariana… molto rumore per nulla!”. A distanza di tanti anni anche da questo episodio, sembra che il patrono delle street-fighter abbia deciso di smentire questa fama e di dare dimostrazione di capacità di innovazione e stile anche nel settore sportivo, fin ad oggi off limits per la casa del Winsconsin.

Buell 1125R, nome semplice per chiamare una moto che da descrivere non è semplice per niente. Una sportiva a tutti gli effetti, ma non nel solito stile Buell, questo è già evidente dalla presenza di un larghissimo capolino e della coda che termina la moto, invece della solita ruota posteriore nuda, ma le novità sono molto più succulente. Infatti per creare un vero mostro da pista gli americani sono ricorsi all’esperienza dei più famosi costruttori austriaci di motori, quelli della Rotax, quelli, per capirci, che hanno sviluppato il motore della RSV Mille da cui sono poi nati tutti i motori dell’Aprilia da quando la casa di Noale si è lanciata nel mondo delle grosse cilindrate. Insomma, anche per la Buell hanno fatto un “motorone” esagerato nella cilindrata e nella potenza, un V 72°, angolazione insolita, che dovrebbe garantire meno vibrazioni, perfettamente integrato nel caratteristico telaio Buell che sviluppa 146 cv. Le masse sono state centralizzate, nel perfetto stile Buell, per rendere la moto più stabile, il telaio è di incredibile rigidità e stabilità e funge anche da serbatoio, mentre per frenare questo toro scatenato si è messo un enorme disco perimetrale (uno solo) con una pinza di nuova concezione a 8 pistoncini. Ma tutte queste innovazioni riusciranno nell’impresa di far traslocare la Buell, nella concezione degli “smanettoni”, dalla categoria Shakesperiana a quella delle supersportivePer scoprirlo andiamo a Siviglia, dove l’anno scorso è stato costruito un fantastico circuito di circa 5 chilometri, chiamato Circuito de Montebianco per vedere come và sul campo di gara per cui è stata progettata.

La posizione di guida non è sicuramente delle più comode e questo sembra subito essere un punto a favore dell’americana, in quanto si sa che le moto sportive non devono essere comode: si sta molto caricati in avanti, praticamente verticali sui semimanubri e i polsi quasi da subito se ne accorgono, in compenso l’angolo di sterzo è veramente impressionante, non solo per una sportiva, ma in assoluto: è facilissimo, ad esempio fare un’inversione ad U, a differenza ad esempio della piccolissima Lightning, o di altre naked, che invece dovrebbero averne più di una sportiva con cupolino. Il motore subito romba e con il suo stupendo suono cominciano però ad avvertirsi quelle vibrazioni che l’angolo del motore avrebbe dovuto diminuire, ma che sono maggiori degli altri bicilindrici Rotax 1000 e ci permetterebbero di fare ottimi shake se si montasse un apposito sostegno da aperitivo sulla piastra dei semimanubri. Inseriamo la prima e via. Il lungo rettilineo di Montebianco ci fa buttare giù le marce una dietro l’altra, la velocità schizza velocemente fino a 225, ma poi dobbiamo agire decisamente sulla leva del freno se non vogliamo andare oltre la curva, detto fatto il mostro si “impunta” violentemente e decelera in maniera decisamente appropriata, oltretutto nello scalare le marce dalla quinta alla seconda non abbiamo neanche il problema della moto che si scompone, visto che alla Buell hanno pensato bene di dotare questo mostro della frizione antisaltellamento.

Le curve si susseguono, la 1125 fa il suo dovere, ma ogni tanto non sembra molto ancorata al terreno nella parte anteriore e tende a sbacchettare, ma in definitiva il motore è sempre pronto e ha una ripresa veramente eccezionale. Nelle curve veloci è veramente una goduria da guidare, le sue “marmittine” che fuoriescono direttamente dal motore (dettaglio forse non troppo bello a vedersi) strillano come un reggimento di yankee alla carica e il cambio sembra un sogno: preciso e morbido. Affrontiamo l’ultimo curvone in seconda, il contagiri segna 6000 su 12000, passiamo la corda ed è quindi il momento di spalancare il gas e far sfogare questa furia, ma nell’affrontare il rettilineo dall’inizio e non dalla metà, da dove si entra nel circuito, ci accorgiamo che lo sbacchettamento in questa condizione, unito al sollevamento della ruota anteriore, la fa sembrare un cavallo imbizzarrito, cosa facilmente risolvibile con un bell’ammortizzatore di sterzo, ma che forse proprio per questo richiama alla mente degli americani il cavallo Mustang impennato, icona indiscutibilmente apprezzata nella mentalità statunitense. In pista ci divertiamo, il tempo passa velocemente e arriva il momento di uscire e tirare le somme su questa moto.

Forse non se ne vedranno molte girare nelle piste italiane per il momento, costa più di una giapponese e presenta qualche ruvidezza in più rispetto alle concorrenti, ma di sicuro è una moto che va benissimo su strada e può far divertire anche in pista; come sempre la Buell fa categoria a sé: per estetica, suono, brevetti e concezione della moto; una filosofia portata avanti negli anni che ha già dato ottimi frutti e che probabilmente, in questa nuova strada di sportività intrapresa, porterà a sempre nuove soluzioni fino a vedere l’americana competere sulle piste, almeno a livello amatoriale, con le grandi “vecchie signore” dello sport motociclistico… almeno ce lo auguriamo.

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