Amnesty International, le auto elettriche richiedono sfruttamento umano

Le auto elettriche, per le quali è strettamente necessario l’impiego di batterie agli ioni di litio, portano allo sfruttamento umano e a gravi danni ambientali.

Il problema etico ed ecologico delle batterie agli ioni di litio è sorto con l’esplosione degli Smartphone che, seppur in misura drasticamente ridotta, contengono gli stessi materiali che vengono utilizzati per gli accumulatori da auto. Infondo il procedimento è lo stesso.

Nel 2015 TPI pubblicava “un pezzo di Congo in tasca”, articolo in cui si racconta la storia di John Mpaliza, ingegnere informatico congolese che dal 2010 si sposta in Europa per sensibilizzare il vecchio continente sullo sfruttamento della sua popolazione che “Alcune multinazionali e alcuni Paesi stanno sfruttando, facendoli lavorare come schiavi, per estrarre il coltan nella Repubbica Democratica del Congo”.

Lo sfruttamento di popolazione e territorio da parte di grosse aziende internazionali sarebbe uno dei principali responsabili della guerra civile che, tra le altre cose, ha portato il tasso di mortalità a livelli superiori a quanto visto nella Seconda Guerra Mondiale. Il problema, a causa delle auto elettriche, è ora d’immense proporzioni. Considerate che, se uno smartphone richiede circa 15 grammi di cobalto rifinito per funzionare, ad una vettura ne servono 15Kg. Numeri da capogiro se consideriamo che nel mondo attualmente circolano oltre 1 miliardo di automobili, pari ad un settimo della popolazione planetaria.

Il Monito di Amnesty International al Nordic EV Summit

Sfruttamento Minorile Congo

Quarantamila bambini, in Congo, vengono sfruttati quotidianamente nelle miniere di cobalto

Il Nordic EV Summit 2019 di Oslo, evento dedicato ai costruttori auto e alle applicazioni di terze parti, ha ricevuto le attenzioni di Kumi Naidoo. Il segretario generale di Amnesty International ha parlato durante il primo giorno dell’evento, lo scorso 21 marzo, per fissare l’attenzione dei presenti sul tema delle materie rare necessarie alla produzione delle batterie.

“Trovare soluzioni efficaci alla crisi del clima è un imperativo assoluto e le auto elettriche hanno un ruolo importante. Ma senza cambiamenti radicali, le batterie che alimentano i veicoli ‘verdi’ continueranno a essere associate alle violazioni dei diritti umani – ha esordito Naidoo – Le multinazionali che dominano l’industria dei veicoli elettrici hanno le risorse e l’esperienza per creare soluzioni energetiche che siano davvero pulite ed eque. Per questo chiediamo loro di tornare il prossimo anno a Oslo con le prove di un reale progresso. “

Più della metà della fornitura mondiale di cobalto proviene dalla Repubblica dei Congo e le proiezioni di mercato – che stimano un aumentare della richiesta quantificabile in 200.000 tonnellate di materiale dal 2020- non sono certo incoraggianti. Buona parte delle materie infatti provengono dallo sfruttamento del lavoro minorile.

Al momento, in seguito alla richiesta di Amnesty International, aziende come Apple, BMW, Daimler, Renault e Samsung hanno condiviso le informazioni relative ai propri fornitori, cosa che l’ente per i diritti umani esorta a fare anche agli altri player del mercato.

“Di fronte al boom delle richieste di batterie elettriche è giunto il momento di rivedere le nostre fonti energetiche per dare priorità alla difesa dei diritti umani e dell’ambiente – ha proseguito il portavoce della ONG,  – Ogni fase del ciclo di vita di una batteria, dall’estrazione dei minerali allo smaltimento, presenta rischi per i diritti umani e per l’ambiente. Dobbiamo cambiare adesso, altrimenti i meno responsabili del cambiamento climatico come i popoli nativi e i bambini pagheranno il prezzo del mancato abbandono delle energie fossili. Le soluzioni energetiche del futuro non dovranno basarsi sugli errori del passato.”

La soluzione è nella tutela dei lavoratori

Miniere Cobalto

Oltre al Congo, un altro grande fornitore di cobalto è l’Argentina.

Ad oggi le batterie agli ioni di litio sono di gran lunga le più efficaci. Mentre i ricercatori sviluppano nuove alternative, tra cui pare essere il grafene, la richiesta che è lecito fare all’industria automobilistica e tecnologica è di richiedere standard di alto profilo alle compagnie che si occupano di estrazione e vendita in modo da garantire condizioni di lavoro quantomeno in linea con i diritti inalienabili degli esseri umani. Amnesty International ha quindi richiesto alle compagnie protagoniste del mercato di attivare controlli stringenti per tutto il ciclo di vita delle batterie, cosa che la ONG comincerà a fare personalmente. Non solo al momento dell’estrazione quindi, ma anche durante le fasi di produzione, riciclo e smaltimento.

Kumi Naido ha poi concluso il suo intervento chiedendo ai presenti più coerenza nel parlare di mobilità ecologica “Di fronte alla sempre più drammatica crisi del clima, i consumatori hanno il diritto di pretendere che i prodotti dichiarati come ‘scelta etica’ lo siano davvero. Le industrie che ignorano le preoccupazioni sui diritti umani mentre si orientano su altre fonti energetiche presentano ai clienti una falsa opzione: le persone o il pianeta. Questo approccio non va bene e non produrrà i cambiamenti fondamentali di cui abbiamo bisogno per salvare l’umanità dalla devastazione climatica. Chiediamo ai vertici dell’industria di pensare veramente al tipo di futuro che intendono costruire.”

 

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