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Seat Altea

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Seat Altea 2.0 Tdi DSG: Test Drive. Verona - La monovolume snob di Seat - che di nome fa Altea e muove guerra alla francese Renault Scenic, all’italiana Fiat Multipla alla tedesca Opel Zafira e, per restare tra le mura di casa, alla Volkswagen Touran - decide di godersi la vita fino in fondo e aggiunge alla versione diesel più potente (140 cavalli) un cambio sequenziale a sei marce. La Altea 2.0 TDi DSG (sigla del cambio) era già stata presentata nel marzo scorso a Barcellona assieme alle versioni benzina e alle altre due a gasolio, ma Infomotori.com l'ha potuta testare pochi giorni fa a Verona, dove Autogerma l'ha messa a disposizione di un manipolo di coraggiosi, visto il nubifragio che si stava abbattendo sulla città.
Pedale della frizione addio DSG sta per Direct Gear Shiftbox, ma a chi sceglierà questa trasmissione interesserà più sapere che in pratica non c'è più il pedale della frizione e che la cambiata avviene o in automatico (sei rapporti) o mediante la cloche, in modo pressochè istantaneo. Traduzione: per chi non impazzisce per il pedale di sinistra, la guida ideale in città, ma anche molto interessante sulle altre strade. Il test della DSG portava prima sulle circonvallazioni veronesi a quattro corsie e poi lungo un serpentone di montagna (novanta chilometri) tutto curve, salite, discese e strettoie improvvise. Di tutto, di più per capire se un cambio del genere è davvero utilizzabile in qualsiasi situazione. La risposta è sì, a patto che non si cerchino performance ultra sportive: utilizzando il sequenziale, tanto per intenderci, arrivati al limite del fuorigiri, non viene tagliata la coppia, ma il rapporto sale, esattamente come se si usasse l'opzione automatica. Il lato bello della medaglia però è che sotto al cofano romba un bel motorone, dotato di cavalli in abbondanza (140 per l’appunto) e cilindrata robusta (2 litri), ma anche, come si conviene ai diesel forzuti, di coppia notevole: 320 Nm disponibili già a 1.750 giri (e fino a 2.500). Come dire che a regime bassissimo il propulsore tira moltissimo, ed entro un range tutto sommato ridotto. E' la guida apprezzata dai cultori dei motori a gasolio sportivi, che scattano in avanti come un benzina senza però dare troppo nell'occhio.
Si guida anche con l’opzione “sport” Saltati a bordo (valanga di scomparti per riporre gli oggetti, posizione rialzata come si conviene alle monovolume maxi o compatte che siano, generoso bagagliaio di 400 litri, bel cruscotto ma infelice posizione del navigatore, troppo sotto, costringe ad abbassare lo sguardo dalla strada), ci ha colpito positivamente l'assenza di tempi morti tra una cambiata e l'altra, e questo è un bel regalo che viene da una doppia frizione sempre in tiro: in pratica se viaggiate con il terzo rapporto, una frizione è pronta per l'innesto del secondo, e un'altra per l'innesto del quarto, così che la scalata o il passaggio al rapporto superiore avvengono istantaneamente. Sui tornanti che portavano ai piedi del Monte Baldo, e con pioggia mischiata a nevischio, abbiamo sperimentato il pulsantino magico e immancabile, "Sport", che regala pepe alla guida: con questa modalità ci siamo ritrovati con un bonus di circa cinquecento giri nelle cambiate, ma a quel punto abbiamo dovuto fare i conti con il controllo elettronico della stabilità e della trazione che lampeggiava spessissimo (colpa anche della strada viscida). Sia viaggiando sui rettilinei di pianura che buttandosi a capofitto nei tornanti di montagna, i consumi sono rimasti sempre davvero ridotti, confermando in pratica i dati forniti dalla Casa: 6 litri per 100 chilometri di media nel combinato. Anche l’accelerazione è notevole, considerando comunque che questa MSV (acronimo di Multi Sport Veichle) è lunga 4 metri e 28 centimetri, è larga un metro e 76 e supera il metro e mezzo di altezza (1.546 millimetri), con un peso che si aggira sui millecinquecento chilogrammi. E' un bel viaggiare, visto che comunque, così come quando ci si trova in modalità automatica, anche quando usiamo il sequenziale, ci si può dimenticare di cambiare: il rapporto sale o scende comunque, e se ci si ferma, la prima entra automaticamente.
DSG targato Volkswagen In Autogerma ci tengono a far sapere che la progettazione di questo cambio è tutta del gruppo Volkswagen. Per averlo sulla Altea si pagano 1.400 euro in più rispetto al prezzo di listino base, così che questa versione alla fine costa 24.500 euro. Se si pensa ai modelli del passato di Seat, il prezzo può far accapponare la pelle, ma è evidente lo sforzo del costruttore di immettere sul mercato una "Seat che conta", per design, qualità, contenuti tecnologici e anche per un notevole "value of money". Una piccola opera d’arte quanto a disegno con una particolarità unica: i tergicristalli in posizione di riposo restano verticali, lungo i montanti del parabrezza. Praticamente invisibili quando non sono i funzione, magari faranno desistere il vigile di turno in vena di multe: dove potrà mai mettere il famigerato foglietto giallo? Frutto della matita di De Silva, e per di più appoggiata sull'importante pianale dell'Audi A3, la Seat Altea, come hanno affermato in sede di presentazione, "finisce dove Audi inizia", il che non è poco, considerata la qualità delle auto dei quattro anelli. E già dalle analisi dei primi volumi di vendita, emerge la tendenza verso l'alto della clientela: il 50% delle Altea vendute è costituito dalla versione 1.9 turbodiesel da 105 cavalli, il 30% dalla due litri a gasolio da 140 cavalli, di queste, il 60% è stato scelto nell'allestimento Stylance, quello superiore (l'altro è il Reference), particolarmente raffinato. Sta a vedere che la Altea, che ha dichiarato apertamente guerra a Zafira, Scenic,Multipla e Touran, sotto sotto sta prendendo la mira su Sua Eccellenza Mercedes Classe A che avrà pure una stella ma perde il confronto in spazio e tecnologia…

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