“Auto da donna”: la differenza di genere esiste anche per le auto?

Le “auto da donna” esistono veramente?

Anche se le differenze di genere sono tra quelle, giustamente, più combattute nella società contemporanea, è indubbio che, in molti settori, la differenza uomo-donna si faccia ancora sentire. Non fa eccezione l’automobile, grande categoria al cui interno è abbastanza agevole (e le Case costruttrici spendono fortune per definire le tipologie di clienti) individuare le “auto da donna”.

Non esiste, ovviamente, una vettura progettata pensando “solo” alle donne: anche se, in molti casi, è la tipologia stessa del veicolo a far presagire che l’utenza sarà soprattutto femminile. Un esempio classico: la Mercedes Classe A della prima generazione aveva un’utenza prettamente femminile, affascinata dalla linea da piccola ed elegante monovolume, con la posizione di guida alta e diritta (e quindi perfetta per controllare i dintorni), salita e discesa facile anche per i bambini, soglia del bagagliaio abbastanza alta (quindi più facile per caricare borse pesanti), grande portellone, che consentiva di introdurre facilmente anche il classico passeggino ripiegato. La nuova Classe A ha stravolto questa impostazione: assetto “a cuneo”, linee molto più basse, seduta di guida ed assetto sportivi. Risultato? Al volante della nuova Classe A ora vedete soprattutto guidatori maschi.

Quali sono le tipiche “auto da donna”?

Oggi alle donne piacciono molto, in genere, due categorie di automobili: le compatte un po’ trendy ed i Suv medio-piccoli.

    • Le prime (come 500, Clio, Adam, 208, C3, Mini, Fiesta, o le ancora più compatte C1, 108, Aygo, Twingo, ecc…) offrono ormai tutto quello che serve in un’auto di uso quotidiano, sia nel campo del comfort, sia in quello della sicurezza aggiungendo il vantaggio delle dimensioni e dei consumi contenuti, perfetti per chi le usa soprattutto in città ed in città deve parcheggiare.
    • I Suv medio-piccoli (come Cactus, EcoSport, Mokka, ecc.) offrono gli stessi vantaggi della suddetta vecchia Classe A, specie per la posizione di guida rialzata, a cui aggiungono una maggior percezione di sicurezza (che peraltro è soltanto tale, perchè i criteri di progettazione dei veicoli sono gli stessi, anzi, i Suv in genere sono un po’ più rigidi di struttura e, quindi, trasmettono maggior energia alle persone in caso di urto).

Un’altra caratteristica tipica delle “auto da donna” è poi quella di privilegiare tinte pastello o, comunque, chiare, della carrozzeria e degli interni: è piuttosto difficile, infatti, vedere una ragazza guidare un’auto nera o grigio scuro metallizzato, magari coi sedili rossi, in genere appannaggio dei maschi. Più che i cavalli del motore, poi, le donne privilegiano l’agilità nella guida (quindi la  leggerezza dello sterzo in manovra e le già citate misure compatte).

Donne al volante: pericolo costante?

Naturalmente non si tratta di regole generalizzate: ci sono ovviamente ragazze che amano la guida sportiva e che, quindi, scelgono vetture in linea con la loro passione. Ma si tratta di percentuali piuttosto ridotte. In genere, le donne sono molto più pratiche dei maschi e si orientano su scelte più razionali, badando a quel che serve più che a quel che piace. È soprattutto per questo che alcune vetture sono percepite come “auto da donna“.

Driver-excuses-scared-woman-driving-carSono molti, invece, quelli che tendono a criticare il modo di guidare femminile: in realtà le statistiche dimostrano che le donne fanno molti meno incidenti degli uomini, soprattutto perché, in genere, mantengono velocità più ridotte. Semmai c’è da rilevare che, spesso, le donne, proprio perché devono occuparsi di molte cose, soprattutto se hanno una famiglia, tendono a concentrarsi su altro rispetto al volante, con risultati di distrazione a volte quasi sconfortanti.

Una delle abitudini peggiori instauratasi negli anni post Duemila è quella (però ampiamente condivisa coi maschi) di parlare al cellulare mentre si è al volante, o, peggio ancora, quella di scattarsi dei selfie mentre si guida: operazioni che distraggono dal traffico per parecchi secondi.

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Alla banale velocità di 60 km/h si percorrono 16 metri al secondo: quindi basta distrarsi un paio di secondi per percorre 35 metri e trovarsi davanti all’improvviso un ostacolo, un’altra auto o un pedone. Se aggiungete un secondo di tempo di reazione ed un altro secondo per frenare, fanno altri 35 metri, per un totale di 70! Come risolvere la questione? Per il cellulare è semplice: i dispositivi Bluetooth, che consentono di parlare ed ascoltare in vivavoce, sono optional (o impiantini post vendita) da poche decine di euro. Non vale dunque la pena di rischiare. Quanto ai selfie, beh, qui è questione di senso di responsabilità, o, se preferite, di sale in zucca.

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