Ambiente e sicurezza: Intervista a Costa

“Io non ho mai conosciuto il Dr.Costa dal vivo, ma ho avuto modo di chiacchierarci approfonditamente al telefono, per via del mio incidente. Mi ha dato l’impressione di essere una di quelle persone che la mano la stringe veramente, sai, di quelle strette da alpinista che infondono calore, amicizia, sicurezza…
Il Dr.Costa ha capito che la miglior cura per ogni paziente è l’amore, ed è proprio grazie a questo magnifico sentimento che le sue parole, i suoi gesti, la sua professionalità si trasformano in quella stretta di mano forte, pronta a farti capire che non lotti da solo.
Un vero eroe della nostra epoca, una delle poche persone che ha capito il significato della parola coraggio…”.
Pensiamo che le parole del nostro lettore, Fabiano Avancini, siano le migliori per spiegare chi è e cosa rappresenta il Dr.Costa, non solo per i piloti della MotoGp ma anche per gli appassionati di moto che per coincidenze sfortunate hanno avuto la “fortuna” di averci a che fare.
Ma…passiamo al Dr.Costa!

I: Motomondiale, Superbike…i campioni degli sport motociclistici la vedono come un secondo padre, pronto a prendersi cura di loro nel momento del bisogno, non solo fisico ma anche morale. Cosa significa la clinica mobile per i centauri che segue?

C: “Definirmi padre non è proprio corretto. Mi definirei più una madre, fonte di amore, di calore, di tranquillità, una figura in grado di ascoltare i problemi cercando di dare un consiglio. La figura del padre, pur meravigliosa ed importantissima, rappresenta “colui che detta le leggi”, ed io non mi sento così.
E la clinica mobile è per i piloti come una seconda Casa, un luogo dove esistono figure amorevoli, pronte a prendersi cura di loro, anche con solo una parola…l’altare dove il pilota celebra la sua rinascita.”

I: Non solo piloti con la “P” maiuscola, ma anche i normali motociclisti si possono rivolgere alle sue amorevoli cure. L’idea di questa intervista nasce da una mail di un nostro lettore, felice per aver ricevuto una chiamata “di conforto” da parte del Dr. Costa in persona pochi giorni dopo una richiesta di aiuto alla Clinica Mobile. A livello morale, un gesto simile, è di indubbio valore, uno stimolo non indifferente per tornare al 100%, un lampante esempio di umilta’ e presenza da parte di una persona cosi’ famosa, specialmente se rapportato alla fredda realtà della società che ci circonda…

C: “Odio la tecnologia, la considero solamente una cieca speranza di dare un senso alla nostra esistenza, ma purtroppo, spesso ci ritroviamo a fare i conti con essa. Piuttosto di una fredda telefonata, preferirei una bella chiacchierata a quattr’occhi, ma mi rendo conto di come questo sia impossibile. Così mi faccio aiutare dal telefono, per ascoltare la voce di un essere umano che grida aiuto e che va aiutato, anche con un gesto, pur semplice, di una telefonata. Un gesto che per chi è dall’altra parte della cornetta è molto importante, ma allo stesso tempo lo è per me. Mi fa sentire vivo, perché la solidarietà è un gesto eccezionale, un sentimento che ci vuol aiutare a scoprire il significato della vita, perché il significato della vita è, a mio parere, cercare un significato al dolore.”

I: La sua struttura quanti motociclisti è in grado di assistere ogni anno?

C: “Dove c’è l’emozione della velocità c’è anche la Clinica Mobile. Le strutture mobili in attività sono tre, pronte a seguire circa 600 motociclisti, ai quali si aggiungono i piloti di Kart e di altre specialità. In totale però, compresi i “privati”, le 107 persone di cui è composto il nostro staff dedicano le loro attenzioni a più di 3000 persone.”

I: Tra tutti i casi da Lei assistiti, il più famoso e curioso è indubbiamente quello legato al campione australiano Mick Doohan. Un vero e proprio rapimento dall’ospedale in cui si trovava gli ha permesso il salvataggio in extremis di una gamba ormai martoriata da cure non adatte…

C: “26 giugno ’92, circuito di Assen…una frattura come tante, l’operazione all’ospedale …complicazioni. Si teme per la gamba, ma anche per la vita. Mick, disperato, lancia un grido d’aiuto ed io, con un aereo attrezzato lo raggiungo in Ospedale, e lo porto in Italia. Un’impresa disperata, che abbiamo compiuto unendo la gamba sana a quella malata e…fortunatamente è riuscita. Mick Doohan ha dimostrato una forza d’animo incredibile, un vero Leone, tanto che è pure riuscito a correre le ultime 2 gare…con grande forza e grande coraggio, viste le entità delle ferite ancora da rimarginare. Un Mondiale della massima classe perso per soli due punti, nonostante tutto. Dopo la gara, lo ricordo piangere,per un dolore intenso, completamente diverso da quello che si può immaginare: quelle lacrime non erano certo versate per il Mondiale perso, ma per non essere stato giustamente ricompensato di una impresa ai limite dell’umano. Fortunatamente, il destino ha saputo ricompensarlo ampiamente negli anni futuri…”

I: A che punto siamo con la sicurezza in moto? I piloti cadono a 300 Km/h ed il giorno dopo sono in pista, pronti a battagliare, seppur con qualche botta. La situazione sulle strade è decisamente diversa. Incidenti mortali o con feriti gravi sono all’ordine del giorno.

C: “Per la sicurezza nei GP si fa molto. La commissione della Federazione lavora al massimo per rendere le gare più sicure possibili. Una grossa mano al compimento di questa impresa la stanno dando anche i piloti, ed i frutti non stanno certo tardando ad arrivare: l’inferno di Suzuka è stato cancellato dal calendario 2004, e di questo ne sono felice. Quell’autodromo non era in grado di garantire un solo briciolo di quella sicurezza che dev’essere alla base di ogni impianto moderno. I piloti cadono, anche a velocità folli, e molte volte, nonostante le botte e le ferite, riescono a farsi dare l’autorizzazione da parte dei medici della Federazione, totalmente indipendenti dal mio operato, grazie ad una forza d’animo incredibile, che nasce dalla voglia di non deludersi. Il dolore quindi, non più fonte di pena, ma abile alleato nella ricerca della sfida, della velocità, della vittoria. Passando al tema di strade ed autostrade…si può fare onestamente poco…inoltre, a differenza della pista, la traumatologia della strada è molto complessa…”
Continua in pagina 2…

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